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Colpa in sala parto, SC: “Se il neonato presentava una pregressa patologia, il risarcimento va determinato in via equitativa”

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 Con la sentenza n. 10812 dello scorso 19 aprile, la III sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi su una richiesta di risarcimento danni avanzata da una coppia di coniugi per l'errore medico compiuto al momento del parto, che aveva determinato dei gravi danni al neonato già affetto da una pregressa patologia, ha escluso che siffatta patologia – quale fattore naturale privo di interdipendenza funzionale con l'accertata condotta colposa del sanitario, ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata – potesse escludere la sussistenza del nesso di causalità tra l'errore medico l'evento dannoso.

Si è quindi specificato che il fattore naturale opera unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – solamente a una delimitazione del quantum del risarcimento.

Nel corso del giudizio di merito era stata accertata la responsabilità della struttura ospedaliera per i danni neonatali subiti da una bambina in occasione del parto, allorquando i sanitari – omettendo di effettuare tutti gli esami clinici necessari ad accertare le condizioni del feto – non diagnosticavano il distacco della placenta e, conseguentemente, ritardavano l'esecuzione del taglio cesareo.

L'errore medico concorreva a causare danni al feto, posto che – come evidenziato nel corso della ctu medica – una pregressa patologia alle membrane ialine aveva contribuito a generare il deficit respiratorio causando le crisi ipossiche e la grave encefalopatia.

Tale fattore naturale concorrente veniva specificamente considerato dalla Corte di Appello di Caltanissetta: riformando, sul punto, le statuizioni del Tribunale – che aveva assegnato alla pregressa patologia una incidenza non rilevante ai fini della responsabilità medica e della conseguente quantificazione del danno – la sentenza di secondo grado attribuiva a tale fattore una incidenza "in misura preponderante sul danno", nella misura di due terzi, così riducendo ad un terzo l'ammontare determinato dal giudice di primo grado quale risarcimento dei danni patiti dalla minore.

I genitori proponevano ricorso per Cassazione deducendo come erroneamente la corte di merito non avesse riconosciuto preponderante rilevanza causale alla condotta negligente dei medici.

La Cassazione condivide le tesi difensive dei genitori.

In punto di diritto gli Ermellini chiariscono l'ontologica differenza esistente tra il nesso di causalità materiale – che lega una condotta dolosa o colposa dall'evento di danno – e il nesso di causalità giuridica, che attiene al successivo, diverso ed autonomo momento della determinazione del risarcimento dovuto, dettando sulla base dell'art.1223 c.c. i criteri di delimitazione dell'ambito del danno risarcibile.

Ciò premesso, la sentenza in commento specifica che allorquando un pregresso fattore naturale non imputabile venga individuato quale antecedente che, pur privo di interdipendenza funzionale con l'accertata condotta colposa del sanitario, sia dotato di efficacia concausale nella determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata, ad esso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione della struttura dell'illecito, e in particolare dell'elemento del nesso di causalità tra tale condotta e l'evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui quest'ultima si inserisce.

Al fattore naturale può assegnarsi rilevanza unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, e conseguentemente pervenirsi – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile. 

 Ne deriva che solo all'esito dell'accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra condotta dei sanitari ed il danno evento lesivo, la considerazione del pregresso stato patologico del danneggiato può condurre ad una limitazione dell'ammontare dovuto dal danneggiante: in relazione alla delimitazione dell'ambito del danno risarcibile, va escluso che possa operarsi una automatica riduzione dell'ammontare risarcitorio dovuto alla vittima/danneggiato in proporzione del corrispondente grado percentuale di incidenza causale, ma il giudice deve, piuttosto, procedere ad una valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., ben potendo risarcire il danno in base ad una percentuale diversa da quella di ravvisata incidenza causale della condotta o del fatto.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte di merito ha disatteso i suindicati principi.

Riscontrata la presenza di un fattore naturale (patologia delle membrane ialine) idoneo a generare le gravissime compromissioni alla nascita, si è escluso che siffatta causa naturale avesse assunto efficacia determinante, sì da escludere il nesso di causalità materiale tra la condotta omissiva dei sanitari ed il danno.

Tuttavia, si è assegnato alla causa naturale una incidenza in misura preponderante sul danno, riconducendo il danno nella misura di due terzi alla causa naturale e il rimanente terzo alla condotta colposa dei sanitari dell'ospedale; in relazione alla quantificazione dei danni risarcibili, la sentenza impugnata ha ridotto l'importo complessivamente determinato di due terzi, in ragione dell'accertata incidenza del fattore naturale non imputabile ai sanitari.

Ne deriva che la sentenza impugnata, nella determinazione del quantum risarcitorio dovuto dai danneggianti, ha operato una decurtazione in termini di automatica corrispondenza con la ravvisata percentuale incidenza causale nella determinazione del danno del fattore naturale non imputabile, senza procedere ad alcuna valutazione di tipo equitativo.

In virtù di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Caltanissetta in diversa composizione.

 

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