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Telecamere sul piazzale esterno aziendale, Tar Toscana: “Nessuna lesione della riservatezza dei dipendenti”

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 Con la sentenza n. 573 dello scorso 31 marzo, il Tar Toscana, sezione II, ha ritenuto legittima l'installazione di telecamere su un piazzale esterno aziendale, cioè su un'area aperta al transito di soggetti esterni e non su locali interni riservati ai dipendenti.

Il Collegio ha, difatti, ricordato che in tal caso "il lavoratore non è specificamente controllato ma semplicemente investito del raggio d'azione delle telecamere mentre svolge operazioni di carico inerenti alle sue mansioni, non verificandosi dunque alcuna lesione della sua riservatezza, che è minore negli spazi di lavoro aperti al pubblico rispetto agli ambienti strettamente personali".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, una società, operante nel settore industriale della produzione di componentistica per autoveicoli a ciclo continuo, presentava, ai sensi dell'art. 4 dello statuto dei lavoratori, una istanza volta all'installazione n. 9 impianti audiovisivi presso una zona periferica dell'impianto industriale del proprio stabilimento, per monitorare il corretto smaltimento dei rifiuti presso le apposite aree di scarico così da prevenire rischi per la sicurezza dei lavoratori, di incendi e di danni ambientali, oltre che per la tutela del patrimonio aziendale.

L'apposita procedura, per addivenire ad un accordo sindacale che consentisse di integrare il precedente sistema di sorveglianza, non andava a buon fine, sicché veniva presentata apposita istanza all'Ispettorato del Lavoro.

L'Ispettorato rigettava l'istanza, in quanto non riteneva sussistere i presupposti legittimanti l'installazione. Si evidenziava, infatti, come l'installazione sarebbe stata compiuta nei luoghi di lavoro, dovendosi ricomprendere in tale dizione anche i luoghi esterni dove si svolge attività lavorativa in modo occasionale o saltuario (ad es. zone di carico e scarico).

Ricorrendo al Tar, l'istante eccepiva l'illegittimità del provvedimento per carenza di motivazione, dolendosi come non fossero affatto state considerate le esigenze di sicurezza, igiene, prevenzione incendi che il nuovo sistema di videosorveglianza avrebbe tutelato, per giunta a fronte di un ristretto arco temporale di archiviazione dei dati pari a 72 ore e ad un utilizzo delle immagini solo ed esclusivamente per la tutela dei beni aziendali e di sicurezza, escludendo di utilizzare i richiesti strumenti di videosorveglianza come elemento di controllo sulla attività lavorativa dei dipendenti, che sarebbero stati ripresi solo in ipotesi residuali (cioè quelle in cui gli stessi occasionalmente si fossero recati nelle aree interessate a svolgere attività ivi pertinenti).

Il Tar condivide le doglianze della ricorrente.

Il Collegio ricorda che l'art. 4 dello statuto dei lavoratori consente l'installazione di strumenti audiovisivi e di altri strumenti dai quali possa derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori ai soli fini di soddisfare esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale. In proposito, la giurisprudenza ha ritenuto legittima l'installazione di telecamere sul piazzale esterno aziendale, cioè su un'area aperta al transito di soggetti esterni e non su locali interni riservati ai dipendenti, rilevando che, in tal caso, il lavoratore non è specificamente controllato ma semplicemente investito del raggio d'azione delle telecamere mentre svolge operazioni di carico inerenti alle sue mansioni, non verificandosi dunque alcuna lesione della sua riservatezza, che è minore negli spazi di lavoro aperti al pubblico rispetto agli ambienti strettamente personali. 

La Corte di Cassazione ha altresì precisato che il patrimonio aziendale va inteso in senso ampio, con la conseguenza che la relativa tutela può comprendere la difesa datoriale sia da condotte di appropriazione di denaro o di danneggiamento o sottrazione di beni, le quali possono provenire anche da dipendenti dell'azienda e che giustificano la medesima protezione rispetto a quella dovuta a fronte di aggressioni esterne, sia dalla lesione all'immagine e al patrimonio reputazionale dell'azienda, non meno rilevanti dell'elemento materiale che compone la medesima.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio evidenzia come effettivamente le zone interessate dall'installazione erano prevalentemente frequentate da ditte esterne e solo occasionalmente sarebbero stati presenti i dipendenti e, sul punto, il diniego impugnato ha genericamente motivato nel senso che anche spazi esterni, dove occasionalmente o saltuariamente si svolge l'attività lavorativa, andrebbero considerati "luoghi di lavoro".

Tale circostanza, tuttavia, non è da sola sufficiente a sostenere il diniego, in quanto il lavoratore non sarebbe stato controllato direttamente, ma solo investito dal raggio d'azione della telecamera; l'Ispettorato, inoltre, non avrebbe né adeguatamente ponderato le rappresentate esigenze aziendali (volte ad assicurare – tramite l'installazione de quo - maggiore sicurezza, anche ambientale, nonché l'integrità e il decoro del patrimonio aziendale) né, tantomeno, avrebbe considerato che la riservatezza del dipendente è minore negli spazi di lavoro dove vi sono sovrapposizioni con soggetti esterni all'organigramma aziendale, obliterando altresì il ridotto arco temporale (di 72 ore) di archiviazione dei dati registrabili dalle 9 nuove telecamere.

Alla luce di tanto, il Tar accoglie il ricorso e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato, con compensazione delle spese di lite. 

 

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