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Cassa Forense: non ha diritto al recupero dei crediti che l’ADR non sia riuscita a riscuotere

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 Con l'ordinanza n. 21386/2021, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso l'obbligo del concessionario della riscossione, nella specie l'Agenzia delle Entrate Riscossione, di corrispondere a Cassa forense l'importo dei crediti non riscossi per conto di quest'ultima.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla consegna, da parte di Cassa Forense all'allora Agente della Riscossione, dei ruoli relativi a suoi crediti nei confronti degli iscritti.

In virtù dell'obbligo dell'agente della riscossione di riscuotere i crediti e versare le relative somme alla Cassa, Cassa Forense chiedeva, nel 2010, un decreto ingiuntivo per il mancato pagamento dei crediti in sospeso, non riscossi da Equitalia e, pertanto, mai versati all'ente di previdenza forense.

Il Tribunale di Roma concedeva il decreto ingiuntivo e successivamente rigettava l'opposizione avanzata dal Equitalia.

La Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate Riscossione ed in riforma della sentenza di primo grado, stabiliva che non vi fosse obbligo di versare alla Cassa Forense anche i crediti non riscossi: a sostegno della propria decisione, i giudici del gravame valorizzavano la portata della legge di stabilità del 2013 che, intervenuta nelle more del processo, aveva previsto che tutte le iscrizioni a ruolo per crediti inferiori a 2000 Euro fossero annullate e che a tutti i ruoli iscritti al 31.12.1999 non si applicasse più la previgente regola del "non riscosso per riscosso", in virtù della quale l'agente della riscossione era tenuto a versare l'importo dei crediti anche ove non fosse riuscito a riscuotere dai soggetti tenuti al pagamento del contributo.

 Secondo la Corte di Appello di Roma, difatti, la riforma legislativa del 2013 era volta ad abolire tout court la regola "non riscosso per riscosso" e, la sua portata generalizzata, la rendeva applicabile anche ai crediti degli enti di previdenza.

Cassa Forense proponeva quindi ricorso in Cassazione, deducendo violazione o falsa applicazione della legge di stabilità 2013, per aver la Corte di Appello inteso la riforma come di annullamento dei ruoli e non già dei crediti, che rimarrebbero, dunque, secondo tale orientamento, ancora suscettibili di riscossione secondo le procedure ordinarie.

Secondo la difesa di Cassa Forense, invece, la riforma andava intesa nel senso che anche i crediti erano stati annullati, così sottoponendosi ad una palese violazione della Costituzione, avendo disposto di crediti privati; per evitare una siffatta conclusione di incostituzionalità, dovrebbe essere, allora, giocoforza ammettere che la riforma non avrebbe riguardato, nel suo complesso, i crediti degli enti privatizzati, quale la Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense.

La Cassazione non condivide la doglianza di Cassa Forense.

La Corte ricorda che, nel regime previgente, era previsto che l'agente della riscossione fosse tenuto a versare l'importo dei crediti anche ove non fosse riuscito a riscuotere dai debitori, o meglio, da soggetti tenuti al pagamento del contributo, secondo la regola definita del "non riscosso per riscosso", contenuta nel D.P.R. n. 43 del 1998. 

 Successivamente, per l'anno 1999, la legge n. 112/1999 abolì la regola del "non riscosso per riscosso", prevedendo che l'agente di riscossione fosse obbligato a versare le somme portate dai ruoli, pur se non riscosse, non incondizionatamente, ma solo qualora avesse omesso di inviare la comunicazione annuale, ossia un rendiconto della sua attività di riscossione, oppure avesse omesso di comunicare che non era riuscito a riscuotere (cd. comunicazione di inesigibilità).

Con la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) si è previsto che tutte le iscrizioni a ruolo per crediti inferiori a 2000 Euro fossero annullate (art. 1, comma 527) e che a tutti i ruoli iscritti al 31.12.1999 non si applicasse più la legge del 1999.

La giurisprudenza si è già pronunciata sulla portata della riforma, ossia se essa abbia estinto solo i ruoli o anche i crediti, statuendo che l'annullamento del ruolo non incide sul credito sottostante che potrà essere soddisfatto nelle forme ordinarie.

Secondo gli Ermellini, tale interpretazione è l'unica coerente con la ratio della riforma, che ha inteso soltanto eliminare le procedure coattive o speciali di riscossione per crediti per i quali la procedura è diventata onerosa ed antieconomica, trattandosi di crediti risalenti nel tempo o con importi esigui, sotto i 2000 Euro; per tali ragioni si è deciso di eliminare quelle riscossioni lasciando in piedi solo quelle successive al 1999, informatizzate e più efficaci.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini ribadiscono che, non essendovi stata estinzione dei crediti, vengono meno le difese di Cassa Forense che, per l'appunto, hanno come presupposto che i crediti siano stati estinti e che, per tale ragione, la riforma non potrebbe applicarsi agli enti privatizzati che, a causa della legge di stabilità, perderebbero irrimediabilmente quei crediti.

In conclusione, la Corte rigetta il ricorso con compensazione delle spese.

 

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