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Abusiva occupazione di una porzione di demanio marittimo, SC: “Reato non escluso dal rilascio di una concessione demaniale suppletiva”

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Con la sentenza n. 16684 dello scorso 6 maggio, la III sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi in merito al reato di abusiva occupazione di una porzione di demanio marittimo, ha escluso che il rilascio di una concessione demaniale suppletiva, richiesta dopo che era già stato eseguito il sequestro della porzione di arenile occupata da uno stabilimento balneare, fosse idonea a legittimare la condotta e anche a consentire di ritenere l'imputata in buona fede.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di una donna, ritenuta responsabile del reato di cui agli articoli 54 e 1161 cod. Nav., per avere, quale titolare di un'impresa individuale, invaso arbitrariamente un'area demaniale marittima dell'estensione di oltre 2.000 mq., realizzandovi anche innovazioni non autorizzate, costituite da due moduli abitativi in legno, un deposito prefabbricato, una roulotte e un parcheggio con posti auto coperti, e posizionandovi 120 ombrelloni e 240 sedie a sdraio.

Per tali fatti, veniva condannata dal Tribunale di Foggia alla pena di 300,00 Euro di ammenda.

Ricorrendo in Cassazione, l'imputata censurava la decisione evidenziando violazione ed errata applicazione degli artt. 54 e 116 cod. nav. in relazione al reato di abusiva occupazione di una porzione di demanio marittimo, per non essere stati considerati né il sopravvenuto rilascio di una concessione suppletiva a favore dell'impresa della ricorrente, né la sua condizione di buona fede, desumibile dalla richiesta di tale concessione. 

Secondo la difesa della ricorrente, la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente valutato la mancanza dell'elemento soggettivo in capo alla ricorrente, che aveva consentito al posizionamento sull'arenile degli ombrelloni e delle sedie a sdraio poche ore prima dell'accesso della Guardia di Finanza e nella convinzione della efficacia della concessione suppletiva richiesta, incompatibile con la volontà di occupare arbitrariamente il lido marittimo, stante la struttura tipicamente dolosa della fattispecie.

La Cassazione non condivide le doglianze formulate.

Gli Ermellini ricordano che la concessione suppletiva, prevista dall'art. 24 del D.P.R. n. 328/1952, consente l'affidamento diretto di una maggiore superficie in ampliamento solo in presenza di situazioni eccezionali e nella misura in cui l'estensione della originaria concessione sia obiettivamente funzionale e necessaria per l'effettivo corretto e proficuo utilizzo del bene già concesso e abbia, in ogni caso, una minima consistenza quantitativa.

In relazione al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la richiesta di rilascio di concessione suppletiva venne fatta il giorno stesso del sopralluogo della Guardia di Finanza, ossia il 15 agosto 2021, a seguito del sequestro dell'area arbitrariamente occupata, e l'atto concessorio venne rilasciato dal Comune di Vieste il giorno seguente. 

 Ne derivava che la summenzionata concessione demaniale suppletiva non era certamente idonea a legittimare la condotta contestata, essendo stata rilasciata successivamente all'accertamento di tale condotta e alla sua interruzione forzata, mediante il sequestro dell'area illecitamente occupata dalla ricorrente.

Per la medesima ragione il rilascio postumo di tale concessione, non poteva certamente consentire di ravvisare una condizione di buona fede della ricorrente, in quanto il rilascio era stato domandato successivamente alla realizzazione della condotta illecita, a seguito del suo accertamento e del sequestro dell'area abusivamente occupata, per ottenerne una sorta di legittimazione postuma, inidonea a rendere lecita la condotta, ormai perfezionata, ma anche a consentire di ravvisare la prospettata buona fede della ricorrente, posto che tale richiesta dimostrava, invece, al contrario, la piena consapevolezza da parte della ricorrente medesima della illiceità della sua condotta.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

 

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