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Con la pronuncia n. 1498/2025, la III sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sugli esiti di un giudizio, vertente sulla fornitura elettrica, nel caso di mancata attivazione della procedura di conciliazione obbligatoria, ha ricordato come dal mancato assolvimento dell'obbligo in oggetto, consegue l'improcedibilità della domanda.
Si è, difatti, affermato che "il mancato proponimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, dà luogo alla improcedibilità della domanda e non già alla sua improponibilità, dovendosi disporre, facendo salvi gli effetti della domanda giudiziale, la sospensione del processo con fissazione di un termine per consentire alle parti di esperire il tentativo di conciliazione de quo, ai fini della successiva eventuale relativa prosecuzione".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, un consumatore proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo richiesto da un fornitore di energia elettrica per il pagamento della somma di Euro 1.420,00, oltre ad accessori e spese, per consumi elettrici. Si costituiva l'opposta chiedendo la sospensione del giudizio per attivare la procedura di conciliazione obbligatoria.
Il Giudice di pace, in accoglimento dell'opposizione, revocava il decreto ingiuntivo. Avverso tale sentenza proponeva appello la società fornitrice di energia elettrica, insistendo per l'eccezione di improcedibilità della opposizione per il mancato tentativo di conciliazione obbligatorio.
Il Tribunale di Parma accoglieva l'appello e dichiarava improcedibilità dell'opposizione.
Ricorrendo in Cassazione, il consumatore eccepiva nullità della sentenza, per violazione dell'art. 5 del d.lgs. 28/2010, dell'art. 3 del d.l. 132/2014 convertito nella legge 162/2014.
In particolare, si evidenziava come il giudice di appello non avesse sospeso il giudizio, assegnando un termine per l'esperimento del tentativo di conciliazione, in applicazione analogica delle norme sopra citate, che parlano appunto di improcedibilità della domanda e non di improponibilità per consentire la sanatoria con l'assegnazione di un termine.
La Cassazione condivide la censura rilevata.
Gli Ermellini ricordano che le Sezioni Unite, con la sentenza 8241 del 28 aprile 2020, sono intervenute sul tema della obbligatorietà del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui alla legge n. 249/1997 al fine di chiarire se, dal mancato assolvimento dell'obbligo in oggetto, consegua l'improcedibilità o l'improponibilità della domanda.
Il dubbio interpretativo nasceva dal testo della legge n. 249/97, ove si legge che per le controversie riguardanti le telecomunicazioni "non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione"; mentre, nel regolamento approvato con delibera dell'Autorità n. 173/2007/CONS, nel caso di mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui alla medesima legge n. 249/97, è previsto che la domanda giudiziale debba ritenersi "improcedibile".
Le Sezioni Unite hanno affermato che il mancato proponimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, in materia di telecomunicazioni, dà luogo alla improcedibilità della domanda e non già alla sua improponibilità.
Difatti, esaminando la disciplina prevista per le diverse ipotesi di tentativo obbligatorio di conciliazione, nonché la disciplina in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, si evince come nessuna disposizione regolante gli istituti di conciliazione obbligatoria preveda, quale conseguenza al mancato esperimento del tentativo in parola, l'improponibilità del giudizio.
Nella decisione citata, le Sezioni Unite hanno ritenuto pertinente il richiamo alla disciplina del settore delle controversie in tema di distribuzione dell'energia e del gas (che presenta notevoli analogie con quello delle telecomunicazioni, perché attinenti entrambi alla regolazione di servizi di pubblica utilità, di interesse economico generale): nel Testo Integrato sulla Conciliazione (c.d. TICO) adottato nel 2017 dall'Autorità per l'energia e per il gas, è prevista l'obbligatorietà del preventivo tentativo di conciliazione, strutturata per espressa previsione normativa (art. 3) in termini di condizione di procedibilità.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come, nell'impugnata sentenza, il giudice dell'appello abbia invero disatteso il suindicato principio, in quanto il giudizio instaurato senza essersi preventivamente attivata la procedura conciliativa non poteva concludersi con una pronuncia in rito senza essersi da parte del giudice previamente disposta, facendo salvi gli effetti della domanda giudiziale, la sospensione del processo con fissazione di un termine per consentire alle parti di esperire il tentativo di conciliazione de quo, ai fini della successiva eventuale relativa prosecuzione.
In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Parma, in diversa composizione.
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