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Sinistro mortale, SC: “Nessun risarcimento per la moglie, se il marito aveva una nuova compagna”

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Con la sentenza n. 28222 dello scorso 4 novembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul diritto di una donna separata di ottenere il risarcimento dei danni patiti per il sinistro mortale occorso al marito, ha confermato la decisione di merito che aveva negato il risarcimento in quanto tra i coniugi era in atto una separazione di fatto, non convivevano più e lui aveva una nuova compagna, a cui era stato riconosciuto il risarcimento.

Si è, pertanto, statuito che "Il risarcimento del danno non patrimoniale può essere riconosciuto al coniuge separato a condizione che si accerti che il fatto illecito del terzo abbia provocato quel dolore e quelle sofferenze morali che di solito si accompagnano alla morte di una persona cara, previa dimostrazione che, nonostante la separazione, anche se solo di fatto, e non giudizialmente o consensualmente raggiunta, vi sia ancora un vincolo affettivo particolarmente intenso".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da una richiesta di risarcimento danni avanzata da una donna e dai suoi figli maggiorenni per il decesso occorso a un loro congiunto (marito della prima e padre dei secondi) a seguito di un sinistro stradale.

Il Tribunale di Firenze nulla riconosceva alla moglie, separata di fatto dal deceduto; liquidava cinquantamila euro in favore di ciascuno dei due figli, oramai maggiorenni, e accordava il risarcimento dei danni in favore della nuova compagna dell'uomo. 

La Corte di Appello di Firenze confermava interamente la decisione del giudice di prime cure.

In relazione al riconoscimento di un assegno a favore dei figli, rilevava come il legame dell'uomo con i figli non poteva dirsi del tutto cessato, sebbene questi avesse, oramai, una nuova compagna e convivesse con la stessa da molti anni; riteneva congruo, tuttavia, ridurre il risarcimento nella misura di due terzi, proprio perché, da quasi venti anni, era cessata la convivenza con i figli.

La domanda della moglie veniva, invece, rigettata valorizzando adeguatamente talune circostanze di fatto: seppure i coniugi non fossero addivenuti ad una separazione legale, di fatto da oltre vent'anni non erano più conviventi, l'uomo non adempiva più agli obblighi di mantenimento ed aveva avviato nuova relazione affettiva con altra donna.

Avverso tale sentenza proponevano ricorso per Cassazione la prima moglie e i figli denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059 e 2727, c.c., dolendosi della circostanza per cui la Corte di Appello, dando risalto alla mancata convivenza, aveva limitato (per i figli) ed escluso (per la moglie) il diritto al risarcimento, così violando i principi in tema di prova presuntiva.

La Cassazione non condivide le doglianze dei ricorrenti. 

Gli Ermellini ricordano come la giurisprudenza di legittimità, nell'affermare la generale valenza delle Tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione dei danni conseguenti al decesso di un congiunto, ritiene legittimo lo scostamento da esse, in considerazione delle circostanze del caso concreto.

In particolare, con riferimento a coniuge separato legalmente, il risarcimento del danno non patrimoniale può essergli riconosciuto a condizione che si accerti che il fatto illecito del terzo abbia provocato quel dolore e quelle sofferenze morali che di solito si accompagnano alla morte di una persona cara, previa dimostrazione che, nonostante la separazione, anche se solo di fatto, e non giudizialmente o consensualmente raggiunta, vi sia ancora un vincolo affettivo particolarmente intenso.

Nel caso di specie la Corte territoriale, ha seguito un percorso motivazionale coerente con gli orientamenti sopra richiamati, riducendo il risarcimento a favore dei figli perché la convivenza era cessata da quasi un ventennio ed era impossibile ricostituirla, stante la consolidata distanza affettiva tra il padre ed i figli. Altrettanto correttamente, con riguardo alla posizione della moglie, si è escluso il risarcimento del danno patrimoniale, in assenza di una stabile convivenza e di fondati indizi di una possibile ripresa della stessa.

Alla luce di siffatte contingenze, la Cassazione rigetta il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di lite. 

 

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