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Responsabilità da cose in custodia, SC: “Il Comune non paga per i danni cagionati su immobili abusivi”

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Con l'ordinanza n. 20312 depositata lo scorso 26 luglio, la III sezione civile della Corte di Cassazione, ha escluso la responsabilità di un Comune, ex art. 2054 c.c., per i danni causati ad un immobile abusivo a causa della negligente manutenzione dei condotti fognari della strada.

Si è, difatti, precisato che "Il difetto di concessione edilizia del bene danneggiato viene ad affievolire, se non ad azzerare, il diritto del proprietario del bene ad essere risarcito per equivalente del danno sofferto, poiché la costruzione abusiva in tal caso non esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico tra l'amministrazione ed il privato che ha realizzato la costruzione, ma viene inevitabilmente a incidere sulla risarcibilità del relativo danno, qualora l'abuso risulti avere aggravato la posizione di garanzia assegnata alla Pubblica Amministrazione nella custodia dei propri beni ".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio da una richiesta di risarcimento danni avanzata dal proprietario di due unità immobiliari avverso il Comune di Positano; l'attore lamentava di essere stato danneggiato a causa di un'esondazione di acqua e fango proveniente dalla strada comunale, provocata da una falla presente nelle tubazioni comunali di raccolta dell'acqua piovana e, pertanto, chiedeva la condanna del Comune al risarcimento di tutti i danni patrimoniali subiti dai rispettivi beni.

Agli esiti degli accertamenti disposti, la responsabilità del Comune veniva rinvenuta per la negligente manutenzione dei condotti fognari della strada; si accertava, altresì, un concorso causale di colpa del proprietario dei locali, che aveva costruito detti immobili in ampliamento della propria proprietà preesistente, abusivamente e senza attenersi alle regole dell'arte, posizionandoli in adiacenza della strada comunale risultata in cattive condizioni di manutenzione. 

Alla luce di tanto, i giudici di merito – sul presupposto che la P.A. ha l'obbligo di adottare, nella costruzione e nella manutenzione delle pubbliche vie, gli accorgimenti e i ripari necessari per evitare un deflusso anomalo nei fondi privati confinanti – riconoscevano la responsabilità del Comune nella misura del 66% per il locale sito al primo piano e nella misura del 34% per il locale sito al piano terra, in ragione dell'accertato concorso colposo del danneggiato.

Ricorrendo in Cassazione, il Comune censurava la decisione della Corte di merito per l'aver ravvisato un danno risarcibile nonostante la natura totalmente abusiva, sotto il profilo edilizio, dei beni immobili danneggiati.

In particolare, la sentenza non aveva considerato la circostanza per cui la strada comunale da cui erano provenute le denunciate perdite non rappresentava la causa del lamentato danno, ma più semplicemente l'occasione dell'evento, prodottosi soprattutto a causa del comportamento del proprietario danneggiato, il quale aveva costruito abusivamente al di sotto della strada comunale, senza né rispettare le regole dell'arte, né ottenere i necessari titoli abilitativi.

La Cassazione condivide le difese formulate dal ricorrente.

In punto di diritto, i Supremi Giudici ricordano che il Comune ha l'obbligo di adottare, nella costruzione delle strade pubbliche, gli accorgimenti e i ripari necessari per evitare che, dalla strada, le acque che nella medesima si raccolgono o che sulla stessa sono convogliate, legalmente o illegalmente, possano defluire in modo anomalo nei fondi confinanti. Tuttavia, qualora la pretesa risarcitoria riguardi il danneggiamento di un bene immobile, occorre necessariamente valutare l'impatto che ha avuto, nella causazione del danno, la condotta colposa del danneggiato, ex art. 1227 c.c., comma 1.

Difatti, in virtù del principio dell'equivalenza delle cause – anche alla luce del disposto di cui all'art. 1227 c.c. – qualora il bene di cui si chiede il risarcimento presenti una situazione di insanabile irregolarità edificatoria, tale situazione interferisce inevitabilmente sul diritto a ottenere il ripristino dello stato dei luoghi o il risarcimento per equivalente. 

Ne deriva che la sussistenza di una irregolarità costruttiva, sotto il profilo di un'insanabile mancanza di ius aedificandi, è certamente in grado di incidere sul piano degli eventi causativi del danno da risarcire: il diritto soggettivo ad essere risarcito del danno provocato da fatto illecito altrui non può infatti comportare un arricchimento ingiustificato per chi, costruendo un immobile in assenza di ius aedificandi o di autorizzazione amministrativa, è onerato piuttosto di non aggravare le responsabilità della Pubblica Amministrazione nei confronti dei terzi che entrino in contatto con la cosa in sua custodia.

Con specifico riferimento al caso di specie, l'abuso edilizio commesso dal privato ha consentito la costruzione, in prossimità alla strada comunale, di vani ad uso abitativo in spregio delle regole tecniche e dell'arte e delle norme edilizie, aggravando altresì pesantemente la posizione di garanzia cui è tenuta la pubblica amministrazione; tale comportamento ha pertanto rescisso, ex art. 1227 c.c., comma 1, in concreto, il nesso causale tra il bene in custodia della Pubblica Amministrazione e il danno subito dal privato possessore del bene abusivamente costruito, azzerando lo spettro di responsabilità ex art. 2051 c.c., della pubblica amministrazione.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia il procedimento alla Corte d'appello di Salerno. 

 

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