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Reati sessuali, SC: “E’ abnorme il provvedimento che nega l’incidente probatorio della persona offesa”.

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Con la sentenza n. 34091 depositata lo scorso 26 luglio, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha revocato l'ordinanza con cui un g.i.p. – con un provvedimento ritenuto abnorme – aveva arbitrariamente negato l'incidente probatorio richiesto dal pubblico ministero in un caso di violenza sessuale ai danni di una minorenne, rilevando come l'ascolto della persona offesa in dibattimento avrebbe determinato "quella vittimizzazione secondaria della persona offesa che lo Stato si è impegnato ad evitare, recando pregiudizio insanabile alla vittima vulnerabile, e esponendo lo Stato a possibile responsabilità per la violazione di norme internazionali pattizie e dell'Unione Europea".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da un'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli rigettava la richiesta di incidente probatorio avanzata dal pubblico ministero per assumere la testimonianza di una ragazza, persona offesa in procedimento per il reato di violenza sessuale commesso quando ella era minorenne.

A fronte della richiesta d'incidente probatorio nella quale si faceva espresso riferimento alla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 392 c.p.p., comma 1 bis, ed all'inopportunità di rinviare la prova al dibattimento, il g.i.p. respingeva l'istanza ritenendo che l'assunzione della testimonianza della persona offesa non presentasse caratteri di urgenza tali da non consentirne l'espletamento nella sede deputata alla formazione della prova, quale il dibattimento, né ricorrevano ulteriori condizioni che suggerivano l'adozione del mezzo di prova nelle forme richieste.

Avverso l'ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica, deducendo, in via principale, l' abnormità del provvedimento: secondo il ricorrente, infatti, l'ordinanza di rigetto non faceva alcun riferimento alla particolare situazione di specie, rendendo una motivazione soltanto apparente con cui si escludeva soltanto la sussistenza di presupposti di cui all'art. 392 c.p.p., comma 1. 

 La Cassazione condivide le difese formulate dal ricorrente.

L'art. 392 c.p.p., comma 1 bis, prevede che nei procedimenti relativi a taluni gravi reati, tra cui il delitto di violenza sessuale previsto dall'art. 609 bis c.p., il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, possa chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi del comma 1; la disposizione aggiunge che si procede allo stesso modo, indipendentemente dal reato oggetto di indagine, all'assunzione della testimonianza della persona offesa che "versa in condizione di particolare vulnerabilità".

La disposizione – in ottemperanza agli obblighi internazionali e comunitari – ha una marcata impronta di protezione della vittima di quei reati suscettibili di arrecare conseguenze gravissime sul piano psicologico (come i reati di violenza domestica, condotte persecutorie, gravi forme di aggressione della personalità e libertà che coinvolgono la sfera sessuale): in tali illeciti,in cui la prova a carico è spesso principalmente fondata sulle dichiarazioni della persona offesa, è forte la necessità di assumerne quanto prima la testimonianza nel contraddittorio delle parti, al fine di garantirne la genuinità rispetto a possibili fattori di condizionamento esterni.

In particolare, la vulnerabilità che di regola connota la persona offesa di tali reati e la consapevolezza della sofferenza psicologica connessa alla reiterazione delle audizioni volte alla ricostruzione di fatti gravi subiti, hanno indotto il legislatore a derogare al principio secondo cui la prova si forma in dibattimento, nel contraddittorio delle parti ed avanti al giudice chiamato ad assumere la decisione; in tal modo si evita il fenomeno della "vittimizzazione secondaria", vale a dire quel processo che porta il testimone persona offesa "a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto". 

Gli Ermellini specificano che l'art. 392 c.p.p., comma 1 bis –nel prevedere che le parti possano chiedere al g.i.p. di procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza della persona offesa, minorenne o maggiorenne, del reato di violenza sessuale anche al di fuori delle ipotesi in cui l'immediata assunzione della prova tradizionalmente si giustifica per mere ragioni di urgenza – esclude qualsiasi potere discrezionale da parte del giudice circa l'opportunità di accogliere la richiesta, ancorata alla sola sussistenza dei requisiti indicati dalla disposizione.

Difatti, una volta che il legislatore ha inteso evitare i fenomeni di vittimizzazione secondaria ritenendo detto interesse prevalente sul principio generale secondo cui la prova si forma in dibattimento, non sarebbe ragionevole invocare quest'ultimo valore, di carattere squisitamente processuale, per sacrificare il primo, di carattere sostanziale e giudicato ex lege preminente; ne deriva che residuali ambiti di discrezionalità valutativa da parte del giudice potrebbero configurarsi solo laddove l'immediata assunzione della prova contrasti con altri interessi ritenuti meritevoli di protezione dalle stesse fonti internazionali.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte evidenzia come l'illegittimità del diniego opposto dal g.i.p. alla richiesta di assunzione della prova renda il provvedimento adottato del tutto abnorme.

Il giudice delle indagini preliminari, infatti, non si è in alcun modo confrontato con la specifica istanza che gli era stata avanzata e ha rigettato la richiesta facendo generico riferimento a non meglio specificate valutazioni di opportunità che l'art. 392 c.p.p., comma 1 bis, in alcun modo prevede o consente: ciò facendo, il giudice ha esercitato un potere astrattamente previsto dalla disciplina processuale - posto che l'art. 398 c.p.p., comma 1, prevede che sulla richiesta di incidente probatorio il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta" l'istanza - ma lo ha fatto al di là di qualsiasi ragionevole limite, essendosi trattato di un rigetto arbitrario perché fondato su una non meglio precisata valutazione di "inopportunità" che nulla ha a che vedere con la disciplina processuale attuativa degli obblighi assunti dallo Stato in sede internazionale.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione accoglie le richieste avanzate dal procuratore generale, annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata con trasmissione degli atti al g.i.p. del Tribunale di Tivoli per l'ulteriore corso. 

 

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