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L’uso strumentale di una querela giustifica il licenziamento.

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E' quanto affermato dalla Sezione lavoro della Corte di Cassazione in un'ordinanza (ord. n. 30866/23) pubblicata lo scorso sei novembre.

Secondo quanto si legge nel provvedimento citato, sebbene in via generale la proposizione di querele anche non fondate, o l'opposizione a richieste di archiviazione, costituiscano prerogative legittimamente azionabili da ogni cittadino, tuttavia, l'uso di tali strumenti per finalità diverse da quelle loro proprie - ossia agendo in maniera strumentale e distorta, nella piena consapevolezza dell'insussistenza dell'illecito o dell'estraneità allo stesso dell'incolpato - costituisce una condotta non meritevole di tutela ed idonea come tale ad integrare gli estremi di un illecito connotato da malafede. 

Secondo i Giudici di legittimità, poiché nel caso di specie il dipendente aveva presentato un esposto non per rimuovere una situazione di illegalità o per tutelare i propri diritti, ma con la volontà di danneggiare il datore di lavoro (i fatti esposti nella querela erano risultati non veritieri e con dati di fatto alterati), bene aveva fatto il giudice del merito a confermare la legittimità della sanzione disciplinare espulsiva inflitta dal datore di lavoro. 

Una condotta del genere, conclude l'ordinanza, non può che essere disciplinarmente rilevante, perché contraria ai doveri derivanti dall'inserimento del lavoratore nell'organizzazione imprenditoriale ed idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. 

 

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