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Feto nato morto, quale danno è risarcibile?

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Con la pronuncia n.1988 dello scorso 18 agosto in tema di responsabilità medica, la prima sezione civile del Tribunale Ordinario di Lecce ha risarcito il danno patito da una coppia di coniugi per la morte di un loro figlio gemello, deceduto a seguito di complicazioni derivanti da una gravidanza gemellare monocoriale biamniotica.

Il Tribunale ha evidenziato che in siffatte situazioni – ove anche a fronte di una terapia adeguata e tempestivamente posta in essere permangono elevate percentuali di mortalità – l'unico evento di danno risarcibile è quello da perdita di chance del rapporto parentale, posto che l'errore del medico determina non già la morte del feto (evento che si sarebbe comunque verificato con elevata probabilità), ma la chance per il feto di sopravvivere.

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tribunale, una coppia di genitori conveniva in giudizio una struttura ospedaliera affinché ne fosse accertata la responsabilità in relazione ai danni subiti a causa del decesso di un loro figlio gemello, nato morto a seguito di complicazioni derivanti da una gravidanza gemellare monocoriale biamniotica.

Gli attori – premesso che la gravidanza, essendo gemellare monocoriale biamniotica, presentava sin da subito elementi di criticità – si dolevano perché il ginecologo, oltre a non informarli sulla rischiosità della situazione, aveva omesso di inviare la gestante presso un centro di riferimento ove il piccolo avrebbe avuto maggiori chance di sopravvivenza, continuando a trattare la paziente presso il nosocomio e omettendo di attuare ogni indispensabile adempimento, quali la programmazione in modo diligente dei controlli da compiere e l'esecuzione delle ecografie indicate dalle linee guida. 

Per tali ragioni, i genitori chiedevano il risarcimento del danno morale ed esistenziale, per la perdita del rapporto parentale con il nascituro, inteso come danno da perdita di chance di vita tout court.

Costituendosi in giudizio, l'ASL chiedeva il rigetto della domanda, eccependo come la gravidanza presentasse notevoli profili di criticità e che, dunque, la probabilità che almeno uno dei gemelli non rimanesse in vita era molto elevata.

Il Tribunale accoglie la domanda degli attori e procede al risarcimento del danno da perdita di chance, specificando che quello che hanno subito gli attori non è stata la perdita del rapporto parentale in sé, ma alla perdita di chance del rapporto parentale.

In punto di diritto sentenza in commento ricorda che si discorre di chance perduta quando la condotta colpevole del sanitario abbia, come conseguenza, un evento di danno incerto: tale incertezza è legata alla circostanza per cui le conclusioni della CTU risultano espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all'eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo.

Anche nel caso in cui sussista tale incertezza eventistica, il risarcimento presuppone pur sempre la prova del nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici tra la condotta e l'evento incerto (la possibilità perduta), oltre che la dimostrazione delle comprovate conseguenze pregiudizievoli (ripercussioni sulla sfera non patrimoniale del paziente) che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza. 

La giurisprudenza ha inoltre specificato che in caso di perdita di una "chance" a carattere non patrimoniale, il risarcimento non potrà essere proporzionale al "risultato perduto", ma andrà commisurato, in via equitativa, alla "possibilità perduta" di realizzarlo.

Con specifico riferimento al caso di specie, il giudice salentino – accertata la negligenza del ginecologo, che avrebbe dovuto eseguire controlli ecografici con cadenza quindicinale ed indirizzare la paziente presso centri specializzati – evidenzia come le gravidanze monocoriali presentano specifiche complicazioni attribuibili alle caratteristiche morfologiche placentari, che determinano una mortalità molto elevata in uno o in entrambi i gemelli; la letteratura scientifica difatti, dimostra che anche a fronte di una terapia adeguata e tempestivamente posta in essere, permangono elevate percentuali di mortalità di almeno un feto.

Ne deriva che, in siffatti casi, l'errore del medico determina non già la morte del feto (evento che comunque si verificherebbe con elevata probabilità), ma la chance per il feto di sopravvivere, posto che se la gestante fosse tempestivamente inviata presso un centro di riferimento e seguita correttamente, avrebbe solo delle chance di generare due gemelli vivi.

La perdita di tale chance implica inevitabilmente la perdita della chance di un futuro rapporto parentale, non ancora instauratosi, per la cui quantificazione non può ritenersi interamente applicabile il danno patito per la perdita di un rapporto parentale già esistente (in quanto la perdita di un rapporto parentale solo sperato e atteso è di minor spessore rispetto alla perdita di un rapporto parentale con persona che era in vita prima dell'illecito), ma va proporzionalmente ridotto.

Pertanto, il Tribunale, partendo come base di calcolo dal valore medio del danno da perdita del rapporto parentale indicato dalle Tabelle del Tribunale di Milano, riduce gli importi del 60%, in ragione delle probabilità di morte accertate dai consulenti, giungendo all'importo di euro 99,576,00 per ciascuno dei genitori. 

 

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