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Accordi in sede di separazione: la costituzione di un diritto di abitazione non richiede l’atto notarile

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Con l'ordinanza n. 5061/2021, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha confermato l'ammissibilità di un accordo, redatto con semplice scrittura privata e inserito in una separazione consensuale omologata, con il quale una coppia di coniugi attribuiva alla moglie un diritto di abitazione sull'immobile di proprietà del marito.

Escludendo la necessità che l'accordo venisse stipulato con atto notarile, la Cassazione ha precisato che "gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, devono contenere, a pena di nullità, anche la dichiarazione resa in atti dagli intestatari; tale principio, tuttavia, non si applica agli accordi intervenuti anteriormente all'1.7.2010".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, un uomo chiedeva che fosse accertata e dichiarata l'inesistenza di qualsiasi diritto in capo all'ex moglie in relazione ad un appartamento di sua proprietà esclusiva che, in sede di separazione consensuale omologata con decreto del Tribunale di Ancona, era stato attribuito alla donna, con conseguente condanna al rilascio e cancellazione della trascrizione del diritto di abitazione.

In particolare, in una inequivoca clausola inserita, nel 2008, nell'accordo di separazione consensuale omologata, era stato attribuito alla donna, senza oneri, il diritto reale di abitazione ex art. 1022 c.c.. 

La Corte di Appello di Ancona rigettava la domanda volta ad accertare l'inesistenza del diritto di abitazione da parte dell'ex moglie sull'immobile di sua proprietà, sul presupposto che quanto pattuito in sede di separazione consensuale omologata risultava chiaro e faceva emergere, in modo immediato, la comune intenzione delle parti che avevano concordato il riconoscimento del diritto di abitazione alla donna, senza subordinare in modo alcuno tale inequivoca volontà ad ulteriori manifestazioni di intenti o incombenti.

Sotto un punto di vista giuridico, la Corte di merito evidenziava come la pattuizione doveva configurarsi quale contratto atipico, con propri presupposti e finalità, soggetto, per la forma, alla comune disciplina e, quindi, se relativo a beni immobili validamente stipulabile con scrittura privata senza necessità di atto pubblico.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo censurava la decisione per violazione e falsa applicazione delle disposizioni in materia di trasferimento, costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, sostenendo che, ai sensi della legge n. 122/2010, l'accordo di trasferimento dei diritti reali immobiliari, concluso tra i coniugi che si separano consensualmente, poteva essere inserito nelle pattuizioni della separazione ma solo con la produzione di effetti obbligatori e non di quelli reali, per conseguire i quali era necessaria, alla stregua della normativa indicata e a pena di nullità, la stipula del successivo atto pubblico notarile.

Alla luce di tanto, il ricorrente rimarcava come, in assenza di atto notarile, dalla clausola contenuta nell' accordo di separazione potevano discendere solo effetti obbligatori e non invece effetti reali, come affermato dalla Corte di appello. 

La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.

La Corte ricorda che la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale - il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti - ed un contenuto eventuale, che trova solo occasione nella separazione, costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata.

Siffatti accordi, quali patti autonomi, che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell'art. 1372 c.c., rappresentano dei contratti atipici e non "condizioni della separazione", sicché non sono suscettibili di modifica (o conferma) in sede di ricorso "ad hoc" ex art. 710 c.p.c. o anche in sede di divorzio, la quale può riguardare unicamente le clausole aventi causa nella separazione personale.

Tali accordi ben possono ricomprendere la costituzione di un diritto di abitazione che ha natura reale e può essere costituito mediante testamento, usucapione o contratto ex art. 1350 c.c.; in quest'ultimo caso è richiesta ad substantiam la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata, senza necessità di stipulare un atto notarile come richiesto dall'art. 29, comma 1 bis della legge n. 527/1985, posto che tali disposizioni, per espressa previsione di legge, si applicano solo agli accordi stipulati a decorrere dal 1 luglio 2010.

In relazione al caso di specie, la Cassazione evidenzia come la sentenza impugnata abbia correttamente ricondotto la pattuizione intervenuta tra le parti in sede di separazione ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela, secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'art. 1322 c.c. in quanto espressione della libera autonomia contrattuale.

In particolare, la Corte, nel respingere la domanda di accertamento dell'inesistenza del diritto di abitazione, ha qualificato l'accordo – sulla scorta di una ermeneutica contrattuale non validamente censurata dal ricorrente – come costitutivo di un diritto avente natura reale, che ben poteva essere stipulato con una semplice scrittura privata in quanto, essendo stato pattuito nel 2008, esorbitava ratione temporis dall'applicazione della disciplina invocata dal ricorrente, entrata in vigore successivamente.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. 

 

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