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Con la pronuncia n. 4249 dello scorso 18 febbraio, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha fornito interessanti specificazioni sui casi in cui debba essere retribuito il cambio d'abito necessario per l'espletamento delle mansioni lavorative, specificando che "In tema di pubblico impiego contrattualizzato, l'infermiere che, deducendo di avere reso una prestazione lavorativa eccedente l'orario ordinario di lavoro perché tenuto a indossare e dismettere la divisa rispettivamente prima di prendere servizio e dopo la fine del turno, chieda, per tale ragione, il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto alla retribuzione spettante è tenuto a dimostrare di avere effettuato le operazioni di vestizione e svestizione in questione prima e dopo le timbrature effettuate in entrata e in uscita".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte un infermiere agiva nei confronti dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, al fine di ottenerne la condanna al pagamento dell'indennità di vestizione maturata da giugno 2009 a settembre 2019, pari ad Euro 9.528,52.
Il Tribunale di Castrovillari accoglieva la sua domanda nei limiti della prescrizione quinquennale.
La decisione veniva ribaltata dalla Corte di Appello di Catanzaro che, in accoglimento del gravame, evidenziava che il CCNL di riferimento non contemplava, a carico del datore di lavoro, alcuna obbligazione di dare avente ad oggetto una specifica voce economica, ma imponeva solo che nell'orario di lavoro retribuito fosse ricompreso anche il tempo necessario per le operazioni di vestizione e svestizione e, a tal fine, questo tempo risultasse dalle "timbrature" dei cartellini del personale.
Si eccepiva, quindi, che la circostanza che il ricorrente avesse eseguito le quotidiane operazioni di vestizione e svestizione della divisa fuori dall'orario di lavoro risultante dalle timbrature non era stata allegata e che, quindi, era rimasto indimostrato che siffatte operazioni propedeutiche e strumentali alla prestazione lavorativa fossero state eseguite fuori dall'orario di lavoro che è retribuito in quanto registrato dalle apposite timbrature.
Il lavoratore, ricorrendo in Cassazione, censurava la sentenza d'appello per la violazione ed errata applicazione del CCNL , sostenendo come la Corte territoriale avesse erroneamente ricavato dalla disposizione pattizia un obbligo di timbratura che, in verità, non aveva alcun fondamento giuridico nella disciplina della contrattazione collettiva, evincendosi da essa solo l'obbligo a carico di parte datoriale di retribuire anche il tempo necessario per le operazioni di vestizione/svestizione del personale che presta assistenza infermieristica, con specifica facoltà per la parte datoriale di decidere se il riconoscimento del tempo di vestizione e/o di passaggio di consegne debba essere parte del normale orario di lavoro (già retribuito) oppure da considerarsi in aggiunta all'orario di lavoro in entrata e uscita (e quindi da retribuire in modo addizionale).
La Cassazione non condivide la censura rilevata.
Gli Ermellini ricordano che le operazioni di vestizione e svestizione del personale sanitario rientrano nell'orario di lavoro se il tipo di indumenti da indossare è imposto da superiori esigenze di sicurezza e igiene attinenti alla gestione del servizio prestato e all'incolumità del personale addetto, sicché - anche nel silenzio della contrattazione collettiva - il tempo impiegato per tali operazioni dà diritto a retribuzione.
In particolare, in caso di richiesta di pagamento della c.d. indennità di divisa, occorre stabilire se esiste l'obbligo - nascente da disposizione del datore di lavoro - di indossare gli indumenti di lavoro fin dall'orario di inizio del turno, oppure se sia consentito ai singoli di indossarli in un momento successivo all'inizio della prestazione.
Sul punto, è stato ritenuto, infatti, che l'attività consistente nell'indossare e dismettere la divisa aziendale rientra nella categoria del tempo di lavoro retribuibile nel caso in cui si svolga in locali aziendali prefissati, ed in tempi delimitati dal passaggio in successivi tornelli azionabili con il badge, nonché nel caso in cui ciò sia imposto dal datore di lavoro prima dell'inizio del turno, secondo obblighi e divieti sanzionati disciplinarmente, stabiliti dal datore di lavoro e riferibili all'interesse aziendale, senza alcuno spazio di discrezionalità per i dipendenti; infine, si è evidenziato che il lavoratore avrebbe diritto alla retribuzione per il cambio d'abito soltanto qualora dimostri che la vestizione e la svestizione avvenivano prima e dopo l'orario di lavoro ordinario, di tal che al tempo necessario possa essere riconosciuta un'autonoma retribuzione.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza impugnata – nel ritenere che, nell'orario di lavoro retribuito, dovesse essere ricompreso anche il tempo necessario per le operazioni di vestizione e svestizione e, a tal fine, questo tempo risultasse dalle "timbrature" dei cartellini del personale – ha correttamente applicato il CCNL di riferimento e che, pertanto, nulla potesse essere riconosciuto al lavoratore il quale non aveva né allegato né provato di aver eseguito le quotidiane operazioni di vestizione e svestizione della divisa fuori dall'orario di lavoro risultante dalle timbrature.
In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso.
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