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Con l'ordinanza n. 21848 dello scorso 11 luglio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione – pronunciandosi in materia di compensi legali – ha accolto le doglianze di una parte che lamentava la scelta del giudice di merito che, nel liquidare il compenso dovuto in un giudizio di risarcimento danni, non aveva riconosciuto il rimborso delle spese forfettarie.
La Corte ha specificato che "allorquando il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non contenga la statuizione circa la debenza delle spese forfettarie rimborsabili ai sensi dell'art. 13, comma 10, della legge n. 247/2012 e dell'art. 2 del D.M. n. 55/2014 o anche solo non ne specifichi la percentuale, la liquidazione costituisce comunque titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del quindici per cento del compenso totale, quale massimo di regola spettante, potendo tale misura essere soltanto diminuita dal giudice che deve in tal caso motivare le ragioni della diminuzione".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un medico, volta ad ottenere – nei confronti del proprio datore di lavoro, un Ospedale Pediatrico – il risarcimento del danno patito per un demansionamento già accertato in altro giudizio.
La Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta, condannava l'ospedale pediatrico al pagamento della complessiva somma di Euro 12.231,00 ed a rifondere al ricorrente le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in Euro 2000,00 per il primo grado e in Euro 3000,00 per l'appello.
Il medico proponeva ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2333 c.c. nonché degli articoli 4 e 5 del D.M. n. 55/2014, lamentandosi per non aver il Tribunale riconosciuto il rimborso delle spese forfettarie, nonché per aver il giudice violato le tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 perché non si era attenuta ai valori medi né a quelli minimi, senza fornire alcuna motivazione a sostegno della scelta operata.
La Cassazione condivide le censure sollevate dal ricorrente.
La Corte ricorda che allorquando il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non contenga la statuizione circa la debenza delle spese forfettarie rimborsabili ai sensi dell'art. 13, comma 10, della legge n. 247/2012 e dell'art. 2 del D.M. n. 55/2014 o anche solo non ne specifichi la percentuale, la liquidazione costituisce comunque titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del quindici per cento del compenso totale, quale massimo di regola spettante, potendo tale misura essere soltanto diminuita dal giudice che deve in tal caso motivare le ragioni della diminuzione.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come, nel giudizio di primo grado, il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non conteneva la statuizione circa la debenza delle spese forfettarie rimborsabili e, la somma ivi riconosciuta di Euro 2.000,00, anche se maggiorata ex lege quanto al rimborso delle spese documentate e di quelle forfettarie, risultava comunque inferiore al limite minimo indicato dalla tabella, sicché la Corte territoriale avrebbe dovuto indicare le ragioni della diminuzione.
Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione.
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