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Con la sentenza n. 924 dello scorso 6 febbraio 2025, la sezione VIII del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi in materia di silenzio amministrativo, ha censurato la scelta di alcuni vigili del fuoco che, dopo essere stati esclusi da una procedura pubblica, senza impugnare tempestivamente la clausola posta alla base della loro esclusione, avevano chiesto all'Amministrazione, in sede di autotutela, di vedersi riconoscere il diritto a partecipare sulla base della successiva emanazione di una sentenza con la quale era stata accertata l'illegittimità della clausola.
Il Collegio ha, difatti, ricordato che "l'Amministrazione non ha alcun obbligo di provvedere sulle richieste di esercizio del potere di autotutela verso atti divenuti inoppugnabili giacché, diversamente opinando, si eluderebbe l'onere legale di impugnazione nei termini decadenziali posti dalla legge a tutela della stabilità dell'assetto degli interessi pubblici sottesi al concreto esercizio della funzione pubblica".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Consiglio di Stato, dei vigili del fuoco ricorrrevano al T.a.r. del Lazio al fine di accertare l'illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell'Interno in ordine ad un'istanza finalizzata ad ottenere il riesame in autotutela dei provvedimenti con i quali lo stesso Ministero aveva precluso la loro partecipazione ad una procedura speciale di reclutamento a domanda.
In particolare, i vigili erano stati esclusi dal concorso in quanto nel bando vi era una clausola che condizionava la partecipazione alla circostanza di aver effettuato la preliminare opzione nel nuovo elenco del personale volontario.
Tuttavia, successivamente, con sentenza n. 501 del 18 gennaio 2021 del Consiglio di Stato, tale clausola veniva ritenuta illegittima, cosicché, a seguito della predetta pronuncia, i vigili chiedevano che l'Amministrazione si rideterminasse in autotutela ammettendoli al concorso.
L'istanza non veniva riscontrata dal Ministero e pertanto i vigili del fuoco ricorrevano al Tar del Lazio, il quale lo rigettava sul presupposto che l'Amministrazione non era tenuta ad effettuare un riesame a seguito della pubblicazione della sentenza di n. 501 del 2021 che, ad ogni modo, non rappresentava un fatto nuovo e sopravvenuto tale da modificare radicalmente l'originario presupposto di partecipazione al concorso.
Contro la suddetta sentenza, i vigili proponevano appello al Consiglio di Stato, evidenziando come l'Amministrazione, rispetto all'istanza tendente ad una revisione della procedura concorsuale, aveva l'obbligo di provvedere espressamente sull'istanza di autotutela (soprattutto a seguito della formazione del giudicato creatosi con la sentenza del Consiglio di Stato n. 501 del 2021), non potendo restare, come accaduto, del tutto inerte.
Il Consiglio di Stato non condivide le denunce prospettate.
Il Collegio evidenzia che l'autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell'Amministrazione e non si esercita in base ad un'istanza di parte, avente al più portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere.
Ne deriva che il potere di autotutela è incoercibile dall'esterno attraverso l'istituto del silenzio inadempimento ai sensi dell'art. 117 c.p.a. salvo le ipotesi normativamente stabilite di autotutela doverosa: l'Amministrazione non ha alcun obbligo di provvedere sulle richieste di esercizio del potere di autotutela verso atti divenuti inoppugnabili giacché, diversamente opinando, si eluderebbe l'onere legale di impugnazione nei termini decadenziali posti dalla legge a tutela della stabilità dell'assetto degli interessi pubblici sottesi al concreto esercizio della funzione pubblica.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Consiglio di Stato rileva come l'istanza di autotutela, rispetto alla quale si era poi attivato il contenzioso per far accertare l'illegittimità del silenzio serbato dall'Amministrazione, aveva come finalità quella di far riesaminare la procedura speciale prevista per la stabilizzazione dei vigili del fuoco cd. discontinui.
In particolare, i ricorrenti avevano partecipato al concorso ed erano stati esclusi in ragione della clausola ritenuta successivamente illegittima con la sentenza n. 501 del 2021, ma, senza impugnare tempestivamente quella clausola, come invece avevano fatto altri partecipanti, avevano chiesto all'Amministrazione, in sede di autotutela, di vedersi riconoscere il diritto a partecipare sulla base della predetta sentenza.
Alla luce di tanto, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.
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