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Preliminare di locazione, inadempimento: come si quantifica il risarcimento del danno?

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Con la pronuncia n. 5559 dello scorso 3 marzo, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha fornito interessanti precisazioni su come quantificare il danno patito da un promissario a seguito dell'inadempimento del promittente locatore alla stipula del contratto di locazione.

Si è difatti specificato che "il danno da risarcire al promissario, ove sia stata accolta la domanda di risoluzione del contratto preliminare dallo stesso proposta per inadempimento del promittente, non può comprendere i frutti che lo stesso avrebbe tratto dalla cosa promessa successivamente alla domanda di risoluzione, perché questa, comportando la rinuncia definitiva alla prestazione promessa da quest'ultimo, che nel caso del preliminare di locazione è la concessione in godimento dell'immobile a partire dal momento della stipula del definitivo, preclude anche al promissario locatore che ha agito in giudizio di lucrare i frutti che dal godimento della cosa promessa avrebbe tratto nel periodo successivo alla predetta rinuncia".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, una società chiedeva di essere ammessa allo stato passivo di un Fallimento per il credito dalla stessa maturato quale risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'inadempimento da parte della società poi fallita al contratto preliminare di locazione di locali commerciali stipulato in data 12/6/2014.

In particolare, pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento della promittente locatrice, il promissario asseriva che il pregiudizio subito in conseguenza dell'inadempimento commesso dalla promittente poi fallita fosse pari alla somma complessiva di €. 5.151.824,23, a titolo sia del danno emergente del lucro cessante.

Il tribunale accoglieva parzialmente la domanda, in quanto limitava il risarcimento del lucro cessante alle sole somme che la promissaria conduttrice avrebbe probabilmente percepito tra il mese di gennaio 2016 (quando l'opponente aveva programmato l'apertura di un supermercato in una porzione di fabbricato che la società poi fallita aveva, in forza del contratto in questione, l'obbligo di concederle in locazione) ed il mese di ottobre 2016 (quando l'opponente, proponendo la domanda di risoluzione del contratto preliminare, aveva definitivamente rinunciato ai "frutti della cosa oggetto di promessa di locazione successivi alla domanda di risoluzione"), pari alla somma complessiva di €. 135.514,00.

La società, ricorrendo in Cassazione, censurava la sentenza per violazione ed erronea interpretazione degli articoli degli articoli 1218, 1223, 1453 e 1458 c.c., per aver la sentenza impugnata ammesso l'opponente al passivo del Fallimento per il danno da lucro cessante limitatamente ai guadagni che la stessa avrebbe percepito nel periodo intercorrente tra la data che le parti avevano ipotizzato per l'inizio del rapporto di locazione (gennaio del 2016) e la data in cui la promissaria conduttrice aveva introdotto il giudizio per la risoluzione del contratto preliminare di locazione a causa dell'inadempimento della promittente locatrice (ottobre del 2016).

Secondo la difesa del ricorrente, la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che, nei contratti a prestazione periodica o continuata, come la locazione, il lucro cessante deve estendersi a tutta la durata del contratto, perché è fino alla scadenza naturale del rapporto che il contraente adempiente avrebbe percepito l'utilità che ha invece perso a causa dell'inadempimento dell'altro; sicché, se la promittente locatrice non si fosse resa inadempiente, dando causa alla risoluzione del contratto preliminare di locazione, la ricorrente avrebbe potuto godere dell'immobile oggetto della locazione e percepire gli utili derivanti dalla sua destinazione a supermercato del tutta la durata, pari a diciotto anni, del rapporto.

La Cassazione non condivide la censura rilevata.

Gli Ermellini ricordano che il danno da risarcire al promissario, ove sia stata accolta la domanda di risoluzione del contratto preliminare dallo stesso proposta per inadempimento del promittente, non può comprendere i frutti che lo stesso avrebbe tratto dalla cosa promessa successivamente alla domanda di risoluzione, perché questa, comportando la rinuncia definitiva alla prestazione promessa da quest'ultimo, che nel caso del preliminare di locazione è la concessione in godimento dell'immobile a partire dal momento della stipula del definitivo, preclude anche al promissario locatore che ha agito in giudizio di lucrare i frutti che dal godimento della cosa promessa avrebbe tratto nel periodo successivo alla predetta rinuncia.

Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del sopraesposto principio giurisprudenziale, posto che essendo stata accolta la domanda di risoluzione del contratto preliminare proposta dal promissario per inadempimento del promittente, i giudici di merito hanno correttamente negato il diritto al risarcimento del danno correlato alla mancata percezione dei canoni che sarebbero stati riscossi, ove fosse stato concluso il contratto definitivo per la locazione del supermercato.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso, con condanna della ricorrente a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese di lite.

 

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