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Qualifica della sostanza come stupefacente: non è necessaria la perizia tossicologica

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Con la sentenza n. 16370/2025, la IV sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulle metodologie da utilizzare per qualificare la sostanza detenuta come stupefacente, ha precisato che "per stabilire l'effettiva natura di una sostanza, non è necessaria una perizia tossicologica, essendo sufficienti altri mezzi di prova, quali le dichiarazioni testimoniali o confessorie e le risultanze degli accertamenti di polizia o di altri indizi gravi, specifici e concordanti".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un uomo veniva condannato in primo grado per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 per aver detenuto gr. 23,66 di sostanza stupefacente del tipo hashish e una bustina contenente sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso di gr. 0,76.

Nel corso del giudizio di merito, l'imputato si doleva per aver ritenuto sufficiente il narcotest per la qualificazione della sostanza rinvenuta come stupefacente, ravvisando come non fosse dato sapere come, da tale dato qualitativo, si fosse desunto il superamento dei limiti quantitativi, pure necessario ai fini della rilevanza penale. 

 La Corte di appello di Napoli confermava la condanna, ritenendo sufficiente l'esame del narcotest per raggiungere la certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, della illiceità della condotta.

Ricorrendo in Cassazione, l'imputato censurava la decisione evidenziando vizio di motivazione relativamente all'accertamento dell'elemento oggettivo del reato, per l'insufficiente accertamento sulla natura della sostanza sequestrata.

La Cassazione non condivide le doglianze formulate.

La Corte ricorda che, per stabilire l'effettiva natura di una sostanza, non è necessaria una perizia tossicologica, essendo sufficienti altri mezzi di prova, quali le dichiarazioni testimoniali o confessorie e le risultanze degli accertamenti di polizia o di altri indizi gravi, specifici e concordanti; in altri precedenti, gli Ermellini hanno ritenuto corretta la decisione con la quale la natura drogante della sostanza era stata desunta dalla confessione dell'indagato e dal dato ponderale, in assenza di elementi probatori di segno contrario offerti dalla difesa, fermo restando il rigoroso rispetto dell'obbligo di motivazione.

 Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano che la sentenza impugnata, che deve essere letta unitamente a quella di primo grado, in presenza di accertamento conforme, ha affermato la sufficienza, ai fini della certezza della natura qualitativa e quantitativa della sostanza sequestrata, dell'accertamento tramite narcotest effettuato dai Carabinieri e così pure della destinazione all'uso non esclusivamente personale, in quanto dimostratosi idoneo a specificare la quantità e la qualità del tipo di sostanza, considerando complessivamente, oltre al dato quantitativo, la pluralità delle sostanze e il loro occultamento nell'elastico degli slip e nella tasca dei pantaloni.

A fronte di tale accertamento, la difesa si è limitata a contestare la valutazione del materiale probatorio, invero di particolare evidenza quanto alla destinazione della sostanza allo spaccio, introducendo doglianze che non si confrontano con le ragioni della decisione, esposte attraverso un percorso argomentativo del tutto congruo, logico e non contraddittorio.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali.

 

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