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S.C.I.A., potere repressivo: fino a quando può essere esercitato?

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Con la sentenza n. 1538 dello scorso 22 giugno, il Tar Campania, II sezione distaccata di Salerno, ha dichiarato l'illegittimità di un'ordinanza con cui, trascorsi 30 giorni dal consolidamento di una S.C.I.A., si ordinava la demolizione della costruzione realizzata.

Si è difatti specificato che "decorsi i termini per l'esercizio del potere inibitorio-repressivo previsti dall'art. 19 della legge n. 241/1990, la S.C.I.A. costituisce titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di autotutela decisoria".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava una ordinanza con cui ordinava, al proprietario di una unità abitativa, di demolire la copertura in legno, antistante l'ingresso della propria unità abitativa, realizzata mediante prolungamento della preesistente copertura in legno aperta su tre lati.

In particolare, il proprietario aveva realizzato l'opera previa S.C.I.A., e l'Ente pubblico gli contestava la violazione della distanza minima di 5 metri dalla strada comunale, nonché di aver realizzato una volumetria notevolmente superiore a quella consentita. 

 Ricorrendo al Tar, il proprietario avversava siffatto provvedimento e ne chiedeva l'annullamento, evidenziando la violazione della normativa in materia di S.C.I.A..

Il Tar condivide la posizione del ricorrente.

Il Collegio ricorda che, decorsi i termini per l'esercizio del potere inibitorio-repressivo previsti dall'art. 19 della legge n. 241/1990, la S.C.I.A. costituisce titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di autotutela decisoria.

È pertanto illegittima l'adozione, da parte dell'amministrazione comunale, del provvedimento repressivo-inibitorio di una S.C.I.A. già consolidatasi, oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della medesima e senza le garanzie e i presupposti previsti dall'ordinamento per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio (ovvero, la comunicazione di avvio del procedimento in contraddittorio, il rispetto del limite del termine ragionevole, e soprattutto, la necessità di una valutazione comparativa, di natura discrezionale,tra l'interesse del privato e quello della PA,valutazione che sia idonea a giustificare la frustrazione dell'affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio).

 Difatti, una volta perfezionatasi la S.C.I.A., l'attività del Comune deve necessariamente essere condotta nell'ambito di un procedimento di secondo grado, avente ad oggetto il riesame di un'autorizzazione implicita che ha già determinato la piena espansione del c.d. ius aedificandi.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rimarca come il provvedimento gravato si appalesa illegittimo: una volta perfezionatasi e divenuta efficace la S.C.I.A. per il decorso del termine di 30 giorni, il Comune poteva agire, giusto quanto disposto dall' art. 19, comma 4 della legge 241/90, solo in sede di autotutela per rimuovere le opere edilizie eseguite od impedirne o sospenderne l'esecuzione; conseguentemente, del tutto illegittimo è stato operato dell'amministrazione comunale che, in presenza di una S.C.I.A., ha adottato il provvedimento impugnato dopo il decorso del termine di 30 giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza fare previo ricorso agli strumenti di autotutela, rispettando i limiti e i requisiti previsti dall'art. 21 nonies della Legge 241/90.

In conclusione, il Tar accoglie il ricorso, annulla l'ordinanza di demolizione, con compensazione delle spese.

 

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