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Riposi agli infermieri, SC: “Se non concessi, ne risponde il Direttore Generale”

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Con la pronuncia n. 3469/2019, la sezione lavoro della Corte di Cassazione, ha confermato la sanzione inflitta a un Direttore Generale per non aver concesso dei riposi settimanali a degli infermieri, rigettando le tesi dell'Asl e del Direttore secondo cui l'autore dell'illecito andava identificato nella persona del dirigente. Si è difatti specificato che Il Direttore Generale non soltanto riveste all'interno dell'Asl la qualifica apicale, ma, trattandosi di una pubblica amministrazione, è altresì il destinatario quale legale rappresentante dell'ente, della funzione di garanzia dell'osservanza e della corretta applicazione delle norme legali e contrattuali che disciplinano i rapporti di lavoro. La sua responsabilità non può ritenersi limitata, pertanto, a sovrintendere alla gestione complessiva dell'azienda.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dall'emanazione di una l'ordinanza-ingiunzione con la quale la Direzione Provinciale del Lavoro condannava l'ASL e il suo Direttore Generale al pagamento in solido di una sanzione amministrativa per la mancata concessione di riposi settimanali ad alcuni lavoratori.

Sia l'ASL che il Dirigente medico proponevano opposizione, ritenendo come la Direzione Provinciale del Lavoro avesse erroneamente individuato l'autore dell'illecito nella persona del Dirigente Medico. 

La Corte d'Appello di Torino, confermando la legittimità della sanzione, rigettava opposizioni proposte, ribadendo come il Direttore, quale rappresentante legale dell'ente, fosse il legittimo destinatario della sanzione, vieppiù perché non si era raggiunta in giudizio la prova che le funzioni di datore di lavoro fossero state delegate a dirigenti dei singoli Dipartimenti in ragione della natura articolata e complessa della struttura sanitaria. Per la Corte territoriale, infatti, l'organizzazione di quella Asl, in struttura semplice, non giustificava l'affidamento, mediante espressa delega, della gestione del personale a un'unità separata; ad ogni modo rimaneva fermo un generale obbligo di vigilanza in capo al Direttore Generale dell'Asl, circa l'osservanza delle norme imperative in tema di adempimenti correlati con i rapporti di lavoro dei dipendenti dell'Azienda.

Ricorrendo in Cassazione, l'Asl e il Direttore Generale censuravano la sentenza impugnata per aver errato nell'identificare in modo aprioristico il datore di lavoro col legale rappresentante dell'Ente e non con il Dirigente preposto al settore al quale facevano riferimento i dipendenti; a tal fine, si evidenziava come la sentenza impugnata aveva ignorato del tutto la normativa specifica in materia sanitaria e la giurisprudenza di legittimità consolidata in tema di delega di responsabilità per settori in ambito di organizzazioni aziendali complesse e articolate.

Secondo i ricorrenti, infatti, nel settore della sanità, il d.lgs. n. 502 del 1992 pone a carico dei singoli dirigenti le responsabilità connesse alla gestione, mentre in capo al Direttore Generale rimane la responsabilità della gestione complessiva dell'azienda e della nomina dei responsabili delle strutture operative; ne deriverebbe che in capo al Direttore Generale non sussisterebbe alcun obbligo di vigilanza sull'operato dei dirigenti, bensì unicamente una responsabilità della gestione complessiva dell'azienda.

La Cassazione non condivide le tesi difensive dei ricorrenti. 

In punto di diritto la Corte premette che l'art. 2 lettera b) del d.lgs. n. 626 del 1994 individua la funzione datoriale nella persona del legale rappresentante dell'ente: la giurisprudenza ha affermato – con un principio di portata generale, valevole anche nel settore sanitario – che il rappresentante legale dell'azienda ha la responsabilità dell'organizzazione amministrativa e gestionale della struttura sanitaria, anche al di là degli obblighi in materia di sicurezza e igiene sul lavoro.

Con specifico riguardo all'organizzazione e al funzionamento delle Asl, le stesse – benché siano enti con personalità giuridica pubblica – sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, cui è affidato il compito di prevedere che singole responsabilità, per specifiche materie, possano essere delegate ai dirigenti o ai collaboratori per mezzo di un provvedimento ad hoc del Direttore Generale.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano la correttezza della decisione impugnata, conforme ai principi ordinamentali in tema di responsabilità datoriale nelle pubbliche amministrazioni: la Corte territoriale aveva accertato, infatti, come – oltre all'assenza, nell'atto aziendale, di una qualsivoglia delega di responsabilità datoriali al dirigente del Settore infermieristico e tecnico da cui dipendevano i lavoratori o, comunque, ad altro ufficio separato – non era stato offerto alcun elemento dal quale potersi dedurre che all'Azienda sanitaria, in virtù della complessità della sua organizzazione, necessitasse affidare la gestione del personale a una struttura separata il cui dirigente avrebbe assunto ogni responsabilità in materia di gestione del personale, tale da escludere quella del legale rappresentante.

Alla luce di tanto, correttamente è stata attribuita la responsabilità al Direttore Generale, il quale non soltanto riveste all'interno dell'Asl la qualifica apicale, ma, trattandosi di una pubblica amministrazione, è altresì il destinatario, quale legale rappresentante dell'ente, della funzione di garanzia dell'osservanza e della corretta applicazione delle norme legali e contrattuali che disciplinano i rapporti di lavoro.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso. 

 

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