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Recinzioni: devono avere una distanza minima dai confini stradali?

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Con la sentenza n. 798 dello scorso 7 settembre, la II sezione del Tar Veneto ha confermato l'illegittimità di un permesso di costruire assunto in violazione della normativa regolamentare comunale inerente le distanze minime delle recinzioni dai confini stradali

Si è difatti rilevato che "l'articolo 18, comma 4, del Codice della strada, fa espressamente salva la prerogativa dei Comuni di prevedere distanze dalle strade per le piantagioni e le recinzioni, così introducendo una disciplina che assume valenza sia urbanistico-edilizia sia di tutela del bene primario della sicurezza della circolazione stradale. Ne deriva che un Regolamento edilizio può prevedere il potere dei Comuni di fissare distanze minime di costruzioni e recinzioni dal confine stradale nell'esercizio dei propri poteri di pianificazione e regolamentazione dell'attività edilizia, sia per finalità di tutela della sicurezza della circolazione, che per la salvaguardia di altri interessi di natura urbanistico-edilizia, quali la manutenzione delle strade, o il mantenimento degli allineamenti nell'abitato".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, il Comune di Casale Sul Sile emanava un provvedimento con il quale annullava parzialmente il permesso di costruire rilasciato in favore di una signora per l'edificazione di un nuovo fabbricato residenziale unifamiliare. 

A sostegno del provvedimento restrittivo si evidenziava come la nuova costruzione, per la parte relativa alla recinzione, contrastava con l'articolo 39, comma 2, del Regolamento edilizio comunale, con il quale erano state fissate le distanze minime delle recinzioni dai confini stradali.

Ricorrendo al Tar, la proprietaria censurava il provvedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 28 del nuovo codice della strada (D.P.R. n. 495/1992), sostenendo come sia il provvedimento che l'articolo 39 del Regolamento edilizio comunale fossero contrastanti con le sovraordinate norme statali.

In particolare, si deduceva l'illegittimità del predetto articolo 39, comma 2, del Regolamento edilizio – nella parte in cui prevede, dentro i centri abitati, distanze delle recinzioni dal confine stradale, per tutte le strade ed anche per quelle di tipo F – per contrasto con l'articolo 28 del D.P.R. 495/1992, il quale, per le strade non rientranti nelle categorie A e D poste all'interno dei centri abitati, non stabilisce distanze minime delle recinzioni dal confine stradale "ai fini della sicurezza della circolazione".

Il Tar non condivide la posizione della ricorrente. 

Il Tar evidenzia che l'articolo 18, comma 4, del Codice della strada, nel dettare la disciplina delle "Fasce di rispetto ed aree di visibilità nei centri abitati", fa espressamente salva la prerogativa dei Comuni di prevedere distanze dalle strade per le piantagioni e le recinzioni, così introducendo una disciplina che assume valenza sia urbanistico-edilizia sia di tutela del bene primario della sicurezza della circolazione stradale.

L'articolo 39 del Regolamento edilizio non prevede distanze minime inderogabili, sicché non esclude il potere dei Comuni di fissare distanze minime di costruzioni e recinzioni dal confine stradale nell'esercizio dei propri poteri di pianificazione e regolamentazione dell'attività edilizia, sia per finalità di tutela della sicurezza della circolazione, che per la salvaguardia di altri interessi di natura urbanistico-edilizia, quali la manutenzione delle strade, o il mantenimento degli allineamenti nell'abitato, essendo preclusa soltanto la introduzione di distanze inferiori per le strade rientranti nelle categorie A e D.

Ne deriva che – non potendosi ritenere che tale previsione sia illegittima – non è possibile adottare un'interpretatio abrogans dell'articolo 39, comma 2, del regolamento comunale.

Alla luce di tanto, il Tar respinge il ricorso. 

 

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