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Quantificazione dell'assegno di mantenimento, SC: “Continua ad applicarsi il criterio del tenore di vita”

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Con l'ordinanza n. 16809 depositata lo scorso 24 giugno, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, ha dato risalto, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini della valutazione di congruità dell'assegno di mantenimento, al criterio del tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza, precisando che "la separazione personale, a differenza del divorzio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i redditi adeguati – cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge – sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla separazione di una coppia di coniugi, all'esito della quale si disponeva l'affidamento del figlio minore alla mamma con l'obbligo per il padre di contribuire al mantenimento della moglie, per un importo pari ad euro 400,00, e del figlio, per un importo pari ad euro 600,00.

In relazione alla quantificazione dell'assegno di mantenimento, la Corte di Appello di Venezia riteneva di non dover dar peso eccessivo alla documentazione fiscale e societaria prodotta dal marito in quanto – sebbene dalla dichiarazione dei redditi emergeva che lo stesso, quale amministratore e socio unico di società, aveva percepito un reddito imponibile di circa 10.000,00 Euro, in una annualità durante la duale erano aumentati i costi dell'azienda per l'aumento dei lavoratori assunti – di fatto l'uomo disponeva di redditi più elevati, come provato dalla circostanza che, in costanza di matrimonio, aveva sempre versato sul conto della moglie una somma pari ad Euro 1.700,00 mensili per far fronte alle esigenze della famiglia. 

Ricorrendo in Cassazione, il marito censurava la decisione della Corte di merito per violazione e carenza di motivazione dell'art.156 c.c., in ordine al quantum del mantenimento dovuto: secondo la difesa dell'uomo, la Corte d'appello aveva dato rilievo unicamente all'erogazione in costanza di matrimonio della somma di Euro 1.700,00, trascurando di considerare sia la documentazione sulla dichiarazione dei redditi, sia anche altri dati significativi quali il reddito da lavoro dipendente della moglie, superiore a quello attuale di cui godeva lo stesso ricorrente, il quale – a differenza dell'ex moglie – non aveva neanche altre proprietà immobiliari ed era padre di una minore, avuta con la nuova compagna.

La Cassazione non condivide le difese formulate dal ricorrente, ritenendole inammissibili.

In punto di diritto, i Supremi Giudici ricordano che la quantificazione dell'assegno di mantenimento a favore del coniuge va effettuata tenendo conto, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini della valutazione di congruità dell'assegno, del tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza, condizionando così la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente.

Ne deriva che il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito, sia pure molto elevato, emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi – di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici – diversi dal reddito dell'onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti (quali la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare, e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso). 

In caso di specifica contestazione della parte, il giudice è tenuto a compiere i dovuti approfondimenti – anche attraverso indagini di polizia tributaria – rivolti ad un pieno accertamento delle risorse economiche dell'onerato, avendo riguardo di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro.

Tali indagini si rendono necessarie in quanto la separazione personale, a differenza del divorzio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i redditi adeguaticui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge – sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come la sentenza impugnata abbia proceduto ad una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, traducendosi il motivo di ricorso in una domanda di rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito.

La Corte di merito, infatti, è partita dal dato rappresentato dagli Euro 1.700,00 mensili che il marito metteva a disposizione della famiglia in costanza di matrimonio, al precipuo fine di individuare il tenore di vita goduto durante la convivenza dai coniugi.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. 

 

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