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CNF. Sono ammissibili i limiti di materie per l'iscrizione nell'elenco del patrocinio a spese dello Stato?

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Fonte: www.consiglionazionaleforense.it/

Con sentenza n.380 del 21 ottobre 2024, il Consiglio Nazionale Forense ha affermato che nell'istituire l'elenco degli avvocati per il Patrocinio a Spese dello Stato di cui all'art. 80 co. 1 D.P.R. n. 115/2002, il COA non può stabilire un numero massimo di materie in cui gli avvocati ivi iscritti possano patrocinare, tuttavia ha escluso il potere del Consiglio di sostituirsi alla valutazione del COA, in quanto ciò costituirebbe un'illecita ingerenza nell'ambito di scelte discrezionali, proprie del COA.

Analizziamo la vicenda che ha dato luogo alla pronuncia.

I fatti del procedimento

Un COA ha adottato una delibera con la quale ha previsto il limite di tre materie di competenza per gli avvocati iscritti all'elenco del patrocinio a spese dello Stato. Successivamente il COA ha rigettato l'istanza di un avvocato che, impugnando la delibera, ha chiesto l'eliminazione del suddetto limite perché non sorretto da alcuna base legale e perché lesivo dell'inviolabile diritto di difesa.

Costituendosi nel procedimento il COA ha, invece, chiesto il rigetto del ricorso eccependo

  • il difetto di giurisdizione del CNF;
  • l'inammissibilità dell'impugnazione;
  • il difetto di interesse del ricorrente;
  • l'infondatezza del ricorso.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Quanto al difetto di giurisdizione e all'inammissibilità del ricorso, il Consiglio ha rilevato che l'elenco degli avvocati per il Patrocinio a Spese dello Stato rientra tra gli elenchi di cui alla lettera n) dell'art.15 della legge professionale, a norma del quale presso ciascun Consiglio dell'ordine, viene istituito e aggiornato ogni altro albo, registro o elenco previsto dalla legge o dal regolamento. Infatti, tale elenco è espressamente indicato dall'art.80 comma 1 D.P.R. 115/2002 a norma del quale "Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i consigli dell'ordine del distretto di corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo." Ne discende che, gli atti e i provvedimenti relativi alla tenuta del medesimo elenco e quelli consequenziali devono essere doverosamente impugnati dinanzi al Consiglio Nazionale Forense da parte del soggetto che abbia un interesse concreto, attuale e giuridicamente tutelato a farne accertare e dichiarare l'invalidità, totale o parziale.

Il Consiglio ha, altresì evidenziato l'inammissibilità per l'impossibilità giuridica del petitum avendo il ricorrente chiesto l'annullamento non soltanto della delibera adottata dal COA, ma anche "di ogni altro atto connesso, collegato, consequenziale e pregresso, nella parte in cui non intende rimuovere il limite di tre materie per gli avvocati, iscritti alle liste al patrocinio a spese dello Stato".

Al riguardo il Consiglio ha evidenziato che è vero che secondo l'articolo 81 del D.P.R. n. 115/2002, non vi è alcuna base legale per imporre limitazioni sulle materie in cui un avvocato può patrocinare e, anzi, una siffatta limitazione appare sostanziare una lesione del diritto inviolabile di difesa, delle condizioni di parità ex art. 24 e 1 Cost., delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, nonché delle norme europee. Questo limite, infatti, riduce il diritto di scelta degli assistiti di avere il proprio avvocato di fiducia, che non potrebbe seguire i clienti anche in altre materie collegate o connesse a causa di un limite privo di giustificazione normativa.

 Tuttavia il Consiglio ha ricordato che esso non può sostituirsi alla valutazione del COA, ordinando un facere all'amministrazione, in quanto ciò comporterebbe un'illecita ingerenza nell'ambito di scelte discrezionali, proprie del COA stesso (Cass. civ., Sez. VI - 3, Ord., 23/09/2021, n. 25843).

In relazione al difetto di interesse del ricorrente, il Consiglio ha rilevato che nel caso di specie la tutela giurisdizionale non è stata azionata al fine di tutelare un proprio diritto o interesse legittimo dal momento che il ricorrente non ha allegato alcun pregiudizio, neppure in via potenziale, alla propria posizione, né ha presentato al COA alcuna istanza specifica di iscrizione all'elenco e che sia stata rigettata. A questo riguardo, richiamando il costante insegnamento della giurisprudenza, il Consiglio ha affermato che l'interesse ad agire, previsto quale condizione dell'azione dall'art. 100 c.p.c. va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da un fatto lesivo del diritto e "deve avere necessariamente carattere attuale, poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione soggettiva assurgendo a giuridica e oggettiva consistenza, e resta invece escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione soltanto in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche" (Cass. civ., Sez. lavoro, Sentenza, 23/11/2007, n. 24434).

Pertanto, poiché la tutela azionata dal ricorrente è stata diretta semplicemente a escludere la correttezza della delibera adottata dal COA, senza aver dimostrato un interesse concreto, attuale e giuridicamente tutelato a fare accertare e dichiarare l'invalidità, totale o parziale della delibera, il Consiglio Nazionale Forense ha dichiarato inammissibile il ricorso. 

 

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