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Con l'ordinanza n. 7464 dello scorso 15 marzo, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha riconosciuto la pensione di reversibilità dell'ex coniuge ad una vedova sebbene la stessa non fosse stata titolare né degli alimenti né dell'assegno di mantenimento, posto che la ratio della tutela previdenziale è rappresentata dall'intento di porre il coniuge superstite al riparo dall'eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima.
Sul merito della questione si era pronunciato inizialmente il Tribunale di Forlì, il quale rigettava la domanda presentata da una vedova separata volta ad ottenere la pensione di reversibilità dell'ex marito, in quanto, al momento del decesso del coniuge, non era titolare né degli alimenti né dell'assegno di mantenimento.
La Corte di Appello di Forlì – premettendo che la pensione di reversibilità non è solo la prosecuzione in favore di terzi del pregresso diritto a pensione dell'avente titolo, ma è la prosecuzione in favore di terzi aventi diritto – confermava la decisione di primo grado, valorizzando la circostanza secondo cui l'ex marito ormai deceduto non aveva versato alimenti a favore dell'ex coniuge, sicché la donna non poteva rivendicare dopo il decesso del marito l'attivazione di un trattamento previdenziale a suo vantaggio.
Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'ex moglie denunciava violazione e falsa applicazione dell'articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 e dell'articolo art. 24 della L. n. 153 del 1969 in relazione agli artt. 3,38 e 29 Cost., evidenziando come – per costante giurisprudenza e, soprattutto, a seguito della sentenza n. 286/1987 della Corte Costituzionale – la pensione di reversibilità andasse riconosciuta non solo al coniuge in favore del quale il coniuge defunto era tenuto a corrispondere un assegno di mantenimento, ma anche al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge (separato o non).
La Cassazione condivide la censura rilevata.
Gli Ermellini, con la sentenza in commento, ricordano che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 286/1987, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 23, comma 4, della legge n. 1357/1962 e dell'articolo art. 24 della legge n. 153/1969 nella parte in cui escludono dalla erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato.
Ne è derivato, come effetto della sentenza della Consulta, che – al fine di assicurare la continuità dei mezzi di sostentamento che, in caso di bisogno, il coniuge avrebbe dovuto a fornire all'altro coniuge separato per colpa o con addebito – la pensione di reversibilità è stata riconosciuta anche al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte: conseguentemente, deve ritenersi illegittimo qualsiasi ostacolo, per il coniuge cui sia stata addebitata la separazione, di ottenere la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto coniuge sarebbe stato tenuto a fornirgli.
Difatti, l'equiparazione della separazione per colpa a quella con addebito, non autorizza l'interprete a ritenere che sia residuata una differenza di trattamento per il coniuge superstite separato in base al titolo della separazione, vieppiù in mancanza di un espresso precetto legislativo che, in siffatti casi, subordini il diritto alla reversibilità alla previa sussistenza di specifiche condizioni. Neanche il dispositivo della decisione dichiarativa dell'illegittimità costituzionale indicava condizioni ulteriori, rispetto a quelle valevoli per il coniuge non separato per colpa, ai fini della fruizione della pensione.
Secondo Ermellini, pertanto, l'art. 22 della legge n. 903/1965 è sempre applicabile, sia per il coniuge non separato con colpa che per il coniuge separato con colpa: la disposizione richiamata, infatti, non richiede (a differenza che per i figli di età superiore ai diciotto anni, per i genitori superstiti e per i fratelli e sorelle del defunto, etc), quale requisito per ottenere la pensione di reversibilità, la vivenza a carico al momento del decesso del coniuge e lo stato di bisogno; di contro, è sufficiente unicamente l'esistenza del rapporto coniugale col coniuge defunto pensionato o assicurato.
In definitiva, la ratio della tutela previdenziale è rappresentata dall'intento di porre il coniuge superstite al riparo dall'eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima.
In conclusione, la Cassazione cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, accoglie la domanda originaria della ricorrente, con condanna dell'Inps al pagamento delle spese processuali.
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