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Coniugi separati: valida la notifica dell’avviso di accertamento all’ex moglie

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Con l'ordinanza n. 33611 depositata lo scorso 18 dicembre, la sezione tributaria della Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di un contribuente che lamentava vizi della notificazione di un avviso di accertamento, consegnato all'ex moglie dopo il provvedimento di separazione, ha ribadito la legittimità del procedimento notificatorio, posto che la notifica degli avvisi era stata regolarmente effettuata presso l'indirizzo del domicilio fiscale indicato dal contribuente, senza che di esso fosse mai stata inviata alcuna comunicazione in rettifica .

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prendeva avvio dall'emissione di talune cartelle di pagamento, seguita dalla notifica dei relativi avvisi di accertamento.

Il contribuente impugnava gli avvisi dinnanzi alla competente C.T.P. e ne chiedeva l'annullamento eccependo plurimi vizi del procedimento notificatorio, essendo la notifica avvenuta presso le mani del coniuge da cui era separato.

I giudici di primo grado rigettavano il ricorso, ritenendo pienamente legittime le cartelle di pagamento emesse dall'Agenzia delle entrate e regolare la notificazione dei pregressi avvisi di accertamento, effettuata presso il coniuge da cui era separato. 

L'uomo proponeva, quindi, appello dinnanzi alla Commissione Tributaria Regionale, ribadendo come la notifica doveva considerarsi nulla, in quanto effettuata a persona diversa dal destinatario: gli avvisi erano, infatti, stati consegnati – quando era già intervenuto un provvedimento di separazione personale – all'ex coniuge che, essendo straniera, non comprendeva appieno la lingua italiana e non prendeva coscienza di apporre la propria firma sulla dizione moglie convivente.

I Giudici di seconda istanza confermava la legittimità del procedimento notificatorio, rilevando come, trattandosi di accertamento scaturito dall'applicazione degli studi di settore, si era già proceduto a notificare l'invito per la comparizione al contraddittorio presso lo stesso indirizzo ove viveva l'ex moglie e, in tal caso, il contraddittorio era stato pienamente instaurato dal contribuente stesso, a conferma della rituale ricezione e conoscenza del provvedimento notificato.

Avverso la sentenza della Commissione Regionale, il contribuente proponeva ricorso per Cassazione, lamentando violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articoli 149 e 157 c.p.c. ed agli articoli 3 e 7 della legge 890/1982.

In particolare la difesa dell'uomo rilevava come la pronuncia della Commissione, confermando la legittimità delle cartelle di pagamento, non aveva in realtà motivato su alcuna delle censure da lui sollevate nelle memorie presentate, ove aveva puntualmente dedotto la nullità delle notifiche degli avvisi in quanto carenti dei requisiti formali necessari.

La Cassazione non condivide le censure formulate dal ricorrente, ritenendole tutte inammissibili. 

 I giudici di legittimità premettono come la sentenza impugnata è immune da qualsiasi vizio motivazionale: dal tenore del ricorso, infatti, non si comprende se il ricorrente – censurando la decisione impugnata per omessa pronuncia sulle difese dallo stesso avanzate – volesse contestare una violazione di legge o un vizio motivazionale o un vizio di omessa pronuncia; inoltre, il ricorso presentato difetta del principio di autosufficienza, non avendo il ricorrente riprodotto alcunché, né la relata di notifica, né la memoria in cui la questione sarebbe stata posta.

Nel merito, la Cassazione rileva come, ad ogni modo, il procedimento notificatorio si era correttamente perfezionato: i giudici di merito avevano, invero, accertato – con un sindacato in fatto incensurabile in sede di legittimità – che la notificazione degli avvisi era stata regolarmente effettuata presso l'indirizzo del domicilio fiscale indicato dal contribuente, senza che di esso fosse mai stata inviata alcuna comunicazione in rettifica; presso lo stesso indirizzo, inoltre, era stata inviato l'invito al contraddittorio scaturente dall'applicazione degli studi di settore.

Alla luce di tanto, correttamente la CTR ha tratto la conclusione della regolarità e ritualità della notifica degli avvisi di accertamento, posto che la giurisprudenza tributaria è granitica nel ritenere che in tema di accertamento delle imposte dei redditi, in caso di difformità tra la residenza anagrafica e il domicilio indicato nella dichiarazione, è valida la notificazione dell'avviso presso quest'ultimo indirizzo: l'indicazione in dichiarazione, da parte del contribuente, del Comune di domicilio fiscale e dell'indirizzo va effettuata in buona fede e nel rispetto del principio di affidamento, non essendo tenuta l'Amministrazione finanziaria a controllare l'esattezza del dato indicato.

Il ricorso viene, pertanto, rigettato.

 

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