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Compenso avvocati, SC: “La riduzione del 30 % si applica anche nella fase stragiudiziale”.

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Con sentenza n. 28488 dello scorso 6 novembre in materia di compensi per le prestazioni stragiudiziali, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato le difese di un legale secondo cui la riduzione del 30% - prevista nell'ipotesi che l'attività sia effettuata in favore di più soggetti, tutti titolari di una identica posizione processualenon sarebbe applicabile alle attività stragiudiziali.

Si è difatti specificato che la riduzione del 30% trova applicazione anche nella fase stragiudiziale "alla luce dell'identità di ratio che ricorre allorquando sia necessario remunerare un'attività stragiudiziale tale da comportare un impegno (in termini di approfondimento delle questioni e di esame di situazioni particolari, di fatto o di diritto, rispetto all'oggetto controverso), parificabile a quello che sarebbe stato profuso nell'ambito di un giudizio.".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla richiesta di un legale volta ad ottenere il saldo delle competenze legali, pari ad Euro 13.508,50, maturate per aver curato, nell'interesse dei convenuti, una pratica di risarcimento danni per la morte di una loro congiunta, imputabile alla responsabilità del personale medico dell'ASL, conclusasi con una transazione. 

I convenuti contestavano la domanda, sostenendo di aver concordato con il difensore che i compensi gli sarebbero stati corrisposti dall'impresa assicurativa dell'Asl.

Il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro, respingeva la domanda con compensazione delle spese processuali; la sentenza veniva parzialmente riformata dalla Corte di appello di Venezia, che, in accoglimento dell'appello incidentale, condannava il legale al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

In particolare la sentenza di appello, tenuto conto del valore della pratica, concludeva che le somme globalmente percepite corrispondevano a quelle effettivamente spettanti al difensore, vieppiù perché andava applicata una riduzione pari al 30% sull'importo spettante in applicazione delle tariffe professionali.

Secondo la Corte distrettuale, infatti, la riduzione del 30% si giustificava in quanto la transazione era stata portata avanti in favore di più soggetti, con posizioni parzialmente differenziate in relazione al diverso grado di parentela e alle distinte ripercussioni per la perdita del congiunto. 

Ricorrendo in Cassazione, il legale eccepiva violazione o falsa applicazione del D.M. n. 585 del 1995, per aver la sentenza applicato al compenso per l'attività stragiudiziale svolta nei confronti di più soggetti, la riduzione del 30% prevista dalla tariffa solo per le attività giudiziali.

Secondo il ricorrente, infatti, la riduzione del 30% - prevista nell'ipotesi che l'attività sia effettuata in favore di più soggetti allorquando, pur nell'identità delle posizioni processuali degli interessati, la prestazione professionale comporti l'esame di situazioni particolari di fatto o di diritto rispetto all'oggetto della causa – non sarebbe applicabile alle attività stragiudiziali.

La Cassazione non condivide la doglianza del ricorrente, alla luce di un'interpretazione testuale e teleologica.

Sotto il punto di vista letterale, la Corte evidenzia come l'art. 5, comma 5, del D.M. 585/1994 contempla un criterio testualmente riferito alle sole attività giudiziali (art. 1), non riprodotto nell'allegato quarto alla tariffa (relativo a quelle stragiudiziali); tuttavia l'art. 2 del predetto allegato dispone che, per le prestazioni analoghe a quelle previste in materia giudiziale, si applicano gli onorari di avvocato stabiliti dalle tariffe giudiziali civili.

Oltre che da tale dato testuale, la riduzione del 30% appare giustificata sotto un punto di vista teleologico, alla luce dell'identità di ratio che ricorre allorquando sia necessario remunerare un'attività stragiudiziale tale da comportare un impegno (in termini di approfondimento delle questioni e di esame di situazioni particolari, di fatto o di diritto, rispetto all'oggetto controverso), parificabile a quello che sarebbe stato profuso nell'ambito di un giudizio.

In ragione di tanto, la Corte rigetta il ricorso. 

 

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