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Appropriazione di somme del cliente, Sezioni Unite: “Il legale compie un illecito permanente”

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Con la sentenza n. 11168 dello scorso 6 aprile, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno confermato la legittimità di una sanzione disciplinare inflitta ad un legale che aveva trattenuto, senza alcuna autorizzazione da parte dei suoi clienti, una parte dell'importo accreditata sul conto corrente del medesimo professionista quale risarcimento danni elargito a favore dei suoi clienti.

Ritenuto che la condotta sanzionata non si fosse esaurita nella semplice percezione della somma, ricomprendendo, piuttosto, il comportamento, protrattosi nel tempo, consistente nell'avere l'avvocato mantenuto nella propria disponibilità un importo che, invece, avrebbe dovuto essere immediatamente consegnato ai clienti, la Suprema Corte ha specificato che l'avvocato che si appropri dell'importo dell'assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell'esito del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuità della violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione del cliente delle somme di sua spettanza.

Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Consiglio distrettuale di disciplina di Venezia che infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione forense a un legale per aver trattenuto, senza alcuna autorizzazione da parte dei suoi clienti, una parte dell'importo accreditata sul conto corrente del medesimo professionista quale risarcimento danni elargito a favore dei suoi clienti per un caso di responsabilità medica. 

In particolare, il legale tratteneva l'importo di Euro 467.726,53, ritenendolo quale compenso per la difesa, giustificando lo stesso sulla base di un accordo che sarebbe precedentemente intercorso tre le parti.

Il Consiglio Nazionale Forense, confermava la sanzione applicata, sul presupposto che la condotta posta in essere dall'avvocato avesse i connotati tipici della continuità della violazione deontologica per tale sua natura destinata a protrarsi fino alla restituzione delle somme che l'avvocato avrebbe dovuto mettere immediatamente a disposizione del cliente.

Alla luce di tanto, il CNF escludeva, ai fini della prescrizione, che l'illecito disciplinare avesse natura istantanea e che, quindi, si fosse consumato all'atto dell'avvenuta compensazione dei reciproci crediti, quale quello dei clienti alla ricezione delle somme riscosse in loro nome e per loro conto dall'avvocato e quello vantato da quest'ultimo per il corrispettivo delle proprie prestazioni professionali.

Il legale, ricorrendo in Cassazione, eccepiva la violazione di legge per erronea individuazione dell'exordium praescriptionis.

A tal riguardo, l'avvocato si doleva per non avere il C.N.F. considerato che la prescrizione mira a sanzionare l'inerzia dell'organo disciplinare, onde ai fini della decorrenza del termine prescrizionale rileva il momento in cui il predetto organo avrebbe potuto dar corso all'azione stessa. 

La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.

Le Sezioni Unite ricordano che l'avvocato che si appropri dell'importo dell'assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell'esito del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuità della violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione del cliente delle somme di sua spettanza.

Si è anche specificato che l'avvocato che prometta al proprio assistito la consegna delle somme riscosse per suo conto senza provvedervi immediatamente contravviene all'art. 44, ultimo comma del codice deontologico forense vigente ratione temporis, ponendo in essere una condotta connotata dalla ridetta continuità della violazione deontologica.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come l'illecito contestato consista nel trattenimento della somma che l'avvocato aveva ricevuto in nome e per conto dei clienti, sicché la condotta sanzionata non si esauriva nella semplice percezione della somma, ma ricomprendeva il comportamento, protrattosi nel tempo, consistente nell'avere l'avvocato mantenuto nella propria disponibilità un importo che, invece, avrebbe dovuto essere immediatamente consegnato ai clienti.

In conclusione, la Corte, pronunciando a Sezioni unite, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso. 

 

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