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Nel processo tributario sono utilizzabili in appello i documenti depositati tardivamente in primo grado?

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Riferimenti normativi: art. 58, comma 2, D.Lgs. 546/1992

Focus: Un errore procedurale come il deposito tardivo di documenti nel primo grado di giudizio preclude definitivamente l'utilizzo di prove documentali decisive in appello? La Corte di Cassazione si è pronunciata recentemente sulla questione con l'Ordinanza n.25577/2025 del 18 settembre 2025.

Nel caso di specie un contribuente aveva impugnato un'intimazione di pagamento emessa dall'Agente della Riscossione, intimazione basata su numerose cartelle esattoriali e un avviso di accertamento, lamentando la mancata notifica di questi atti prodromici. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente annullando la pretesa fiscale in quanto l'Amministrazione Finanziaria aveva depositato tardivamente, cioè oltre il termine perentorio previsto dalla legge per il primo grado di giudizio, i documenti che provavano l'avvenuta notifica dell'avviso di accertamento esecutivo, presupposto dell'intimazione oggetto di causa. 

Avverso la sentenza l'Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per Cassazione sostenendo che i giudici di secondo grado non avevano tenuto conto dei documenti prodotti, seppur tardivamente, stante che l'art. 58 del D.Lgs. 546/1992 (nel testo applicabile all'epoca dei fatti) espressamente "fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti" nel giudizio di appello. L'Agente della Riscossione, a sua volta, aveva presentato un ricorso incidentale, lamentando di essere stato erroneamente dichiarato contumace nel giudizio di secondo grado, nonostante avesse proposto un autonomo appello. 

La Suprema Corte ha accolto il ricorso principale dell'Amministrazione Finanziaria riaffermando un principio fondamentale nel processo tributario per la difesa del contribuente e degli enti impositori, quale è la facoltà di produrre nuovi documenti in secondo grado. I giudici, in particolare, hanno confermato che la facoltà di produrre nuovi documenti in appello è esercitabile anche per prove già esistenti al momento dell'avvio del processo di primo grado. Il fatto che siano stati prodotti tardivamente in prima istanza non impedisce al giudice d'appello di esaminarli, a condizione che vengano nuovamente depositati nel rispetto dei termini del secondo grado. 

La Corte ha sottolineato che, a differenza del processo civile ordinario, nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in quello d'ufficio fino al passaggio in giudicato della sentenza. Le parti non possono ritirarli. Ciò fa sì che tutta la documentazione presente nel fascicolo, anche se irritualmente prodotta, si considera automaticamente e "ritualmente" acquisita al giudizio di impugnazione. Il giudice d'appello, quindi, ha il dovere di esaminarla. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva commesso un error in procedendo nel ritenere inutilizzabili i documenti. Per quanto riguarda il ricorso incidentale dell'Agente della Riscossione, la Corte lo ha respinto precisando che la parte che intende impugnare una sentenza già appellata da altri deve farlo tramite appello incidentale, costituendosi nel processo già avviato. Se sceglie di proporre un autonomo appello principale ha l'onere di informare il giudice della pendenza di entrambi i procedimenti per consentirne la riunione. In mancanza, la mancata riunione non determina la nullità della sentenza che decide sul primo appello notificato. In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che tenga conto dei documenti precedentemente esclusi. 

 

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