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Stato di necessità e violazioni del codice della strada, SC: precisa quando è invocabile

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 Non è sufficiente per giustificare un'infrazione del codice della strada invocare lo stato di necessità e una volta invocato, ritenere sussistente tale stato in base al solo stato d'animo dell'agente, come ad esempio nel caso del conducente che supera i limiti di velocità per essere venuto a conoscenza del fatto che la propria madre è stata colta da un malore. In tali casi, infatti, per la configurabilità dello stato di necessità, questo deve fondarsi «su dati di fatto concreti che siano univocamente idonei (ossia non solo secondo la convinzione del conducente, n.d.r.) a poter comportare un imminente pericolo di danno grave per un soggetto non altrimenti ovviabile, e, quindi, tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo al trasgressore di trovarsi in tale stato».

Questo è quanto ha statuito la Corte di cassazione con ordinanza n. 16155 del 17 giugno 2019.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa.

Il ricorrente ha proposto opposizione contro il verbale di contestazione elevato dalla Polstrada per la violazione di cui all'art. 142, comma 9, c.d.s. In buona sostanza il veicolo dallo stesso condotto ha superato di oltre 60 Km/h il prescritto limite di velocità massima. L'opponente sostiene che l'infrazione è stata da lui commessa perché versava in «stato di necessità (ancorché putativo), poiché, mentre conduceva il proprio autoveicolo [...] era stato raggiunto da una telefonata della moglie che lo aveva avvertito che la madre era stata colta da un malore improvviso e verosimilmente grave, ragion per cui aveva avvertito l'indispensabilità di arrivare quanto prima a casa avendo la sua genitrice manifestato un'assoluta contrarietà ad essere condotta presso il pronto soccorso». 

 Sia in primo che in secondo grado la sua opposizione è stata rigettata e così il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione.

La decisione della SC.

Innanzitutto, è opportuno chiarire quando è configurabile lo stato di necessità. In particolare, occorre ricordare che:

  • lo stato di necessità è una scriminante, ossia costituisce una causa di giustificazione di una condotta illecita posta in essere dal soggetto titolare della medesima condotta;
  • perché possa operare tale stato, questo deve avere un idoneo riscontro probatorio che grava su colui che lo invoca;
  • deve ricorrere «un'effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile». In buona sostanza il pericolo non deve presumersi tale secondo «l'erronea persuasione del soggetto agente di trovarsi in tale situazione, provocata da un mero stato d'animo: devono sussistere circostanze concrete (oggettive) che giustifichino tale situazione» (cfr., ad es., Cass. n. 3961/1989, Cass. n. 4710/1999, Cass. n. 18099/2005 e Cass. n. 14286/2010).

Ciò premesso e tornando al caso di specie, i Giudici di legittimità ritengono che non è invocabile lo stato di necessità, ossia non è invocabile come causa di giustificazione della circolazione stradale a velocità oltre i limiti consentiti, il recarsi con urgenza dalla madre colta da un malore. 

E ciò in considerazione del fatto che il pericolo di danno grave alla persona (ossia alla genitrice), in queste ipotesi, «avrebbe potuto essere evitato con il ricovero ospedaliero o anche mediante l'intervento sul posto del pronto soccorso, senza che l'opponente avesse potuto fornire un contributo determinante al fine di scongiurare il paventato danno». D'altro canto, già in altri casi simili a questi la Corte di cassazione si è espressa in tal senso (v. Cass. n. 287/2005 cit.). Si pensi a quello più recente, in cui, sempre con riguardo alle violazioni del codice della strada e al superamento dei limiti di velocità, è stato ritenuto non sufficiente a giustificare l'infrazione l'esigenza di dover arrivare in tempi stretti da un medico a causa di un malore di un passeggero. E ciò soprattutto ove tale esigenza non trova riscontro in un imminente pericolo di vita del passeggero medesimo e nell'impossibilità di provvedere diversamente alla salvezza di quest'ultimo (cfr. Cass. n. 14286/2010).

Alla luce di quanto sin qui esposto, pertanto, la Suprema Corte conferma la decisione impugnata, affermando che «in tema di cause di giustificazione, l'allegazione da parte del contravventore dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito, cioè, al solo stato d'animo dell'agente, bensì su dati di fatto concreti e che siano univocamente idonei a poter comportare un imminente pericolo di danno grave per un soggetto non altrimenti ovviabile, e, quindi, tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo al trasgressore di trovarsi in tale stato».

In forza del principio innanzi enunciato, i Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso. 

 

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