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Separazione consensuale, mantenimento: decorrenza dal deposito del ricorso, non dall’omologa

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Con l'ordinanza n. 41232 dello scorso 22 dicembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di mantenimento previsto nell'accordo di separazione consensuale poi omologato, ha fornito interessanti specificazioni in merito alla decorrenza dell'assegno di mantenimento.

Si è difatti ribadito che "l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, fissato in sede di separazione personale consensuale in omologa di accordo che non ne preveda la decorrenza, è dovuto, sia pure a condizione che l'omologa intervenga e non disponga diversamente, fin dal momento del deposito del ricorso per separazione e non solo dalla data di pronuncia dell'omologa".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio con la notifica di un atto di precetto con il quale una donna, coniuge in regime di separazione consensuale, intimava all'ex marito il pagamento degli importi dovuti a titolo di mantenimento, come previsti nei relativi accordi trasfusi nel ricorso di separazione consensuale poi omologato.

Il marito si opponeva al precetto argomentando come nessuna decorrenza era stata indicata dai coniugi nel ricorso o fissata nel provvedimento di omologa.

Il Tribunale di Perugia accoglieva l'opposizione, ritenendo che nella separazione consensuale, salva diversa espressa determinazione in sentenza, il regolamento concordato tra coniugi ed avente ad oggetto la definizione dei rapporti patrimoniali, pur trovando la sua fonte nell'accordo, acquistava efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione; di conseguenza, solo nella separazione giudiziale poteva applicarsi il principio generale della decorrenza degli effetti dalla domanda.

La decisione veniva ribaltata dalla Corte di Appello di Perugia che, richiamando copiosa giurisprudenza, sanciva la decorrenza dell'assegno di mantenimento dalla data del deposito del ricorso.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo censurava la decisione eccependo come tutta la giurisprudenza richiamata dalla Corte d'appello si riferisse alla separazione giudiziale, ontologicamente diversa dal procedimento di separazione consensuale, ove solo il provvedimento che lo conclude rende efficace ogni accordo tra i coniugi.

Il ricorrente sosteneva, quindi, come si dovesse in ogni modo escludere l'immediata efficacia degli accordi in sede di separazione consensuale prima del provvedimento di omologa e, per ciò stesso, la stessa spettanza di quanto in quelli previsto.

La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.

Sul punto, gli Ermellini condividono la premessa del ricorrente, circa la diversità di natura e struttura della separazione consensuale rispetto a quella giudiziale, ma precisano che tanto non basta ad inficiare la conclusione cui la corte territoriale è pervenuta. 

La Corte evidenzia, infatti, come una cosa è l'efficacia (cioè la produzione dell'effetto proprio dell'atto), altro è la decorrenza di quello: l'effettiva pronuncia del provvedimento di omologa – pur costituendo condizione ineliminabile perché l'effetto venga a giuridica esistenza - renderà definitivamente operativo l'assetto di interessi complessivamente valutato dai coniugi in sede di deposito del ricorso congiunto come corrispondente al meglio alle reciproche e rispettive esigenze.

Ne consegue che, a meno di univoci elementi sulla sussistenza di una diversa volontà delle parti o di apposite nuove o diverse previsioni sul punto specifico nel provvedimento di omologa, la decorrenza va normalmente ancorata al momento del deposito.

Difatti, nella separazione consensuale, si è in presenza di un procedimento peculiare, indispensabile per fare valere un diritto, che trova la sua fonte nell'accordo tra i coniugi separandi, destinato ad essere riconosciuto dall'ordinamento quale fonte regolatrice dei rapporti in pendenza della separazione, sia pure appunto a condizione della sua successiva omologa: il tempo necessario affinché il procedimento si concluda non può andare allora a detrimento di chi lo ha dovuto attivare, sicché l'assetto di interessi che ne è oggetto deve, una volta emanato l'atto conclusivo del procedimento, decorrere fin dal momento in cui questo stesso ha avuto inizio.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come nel provvedimento di omologa nulla si è stabilito in difformità al contenuto del ricorso congiunto.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso, con compensazione delle spese. 

 

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Maria Masi, avvocata di Nola, è presidente del CNF...
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