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Recesso anticipato del conduttore nelle locazioni ad uso diverso da quello abitativo per sfavorevole congiuntura economica

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Riferimenti normativi: Art. 27, ultimo comma, L. n. 392/1978.

Focus: L'andamento dell'economia può condizionare la locazione di immobili ad uso commerciale facendo venir meno l'interesse del conduttore a proseguire il rapporto contrattuale. È consentito, in tal caso, il recesso anticipato di quest'ultimo dal contratto di locazione?

Principi generali: L'Art. 27, ultimo comma, della L. n. 392/1978 (Legge equo canone) stabilisce che <<la durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad attività industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili. La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile urbano è adibito ad attività alberghiere, all'esercizio di imprese assimilate ai sensi dell'art.1786 del codice civile o all'esercizio di attività teatrali.

È facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata>>.

Il caso: La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 6731 del 7 marzo 2023, ha affrontato la questione ed ha riconosciuto la legittimità del recesso anticipato dal contratto di locazione da parte del conduttore, a prescindere dagli accordi assunti con il contratto, tenendo conto della grave crisi che ha investito il settore alberghiero. Nel caso di specie, una società "A", con due distinti contratti, aveva concesso in locazione alla società "B" (successivamente incorporata nella società "C") un complesso immobiliare, adibito ad albergo, e la relativa autorimessa concordando, per il primo, un canone fisso annuo corrispondente ad una percentuale del fatturato della conduttrice (restando fermo un minimo prestabilito), e per la seconda un importo annuo anch'esso prefissato. La società "C" (incorporante) promuoveva un'azione legale per ottenere la riduzione del canone per vizi dell'immobile, la condanna della locatrice al risarcimento dei danni e la rimessione in pristino dell'immobile. Nel corso del giudizio, però, comunicava la volontà di recedere dal contratto per gravi motivi, determinati dalla contrazione dei ricavi provocati dalla corrente crisi economico-finanziaria del 2008. 

La società locatrice, con ricorso in Tribunale, contestava, però, la legittimità del recesso e la domanda veniva accolta dal giudice. La sentenza di primo grado, quindi, veniva impugnata dalla società "C", ex conduttrice, e veniva riformata dalla Corte d'Appello che dichiarava cessato il rapporto locativo alla data del rilascio dell'immobile. Pertanto, la società locatrice impugnava detta sentenza con ricorso in Cassazione eccependo che la Corte d'Appello territoriale aveva ritenuto, erroneamente, sussistere i gravi motivi (crisi aziendale) addotti dalla stessa conduttrice per la dismissione della struttura alberghiera, applicando l'art. 27, ultimo comma, della legge n. 392/1978. Secondo la ricorrente, invece, la conduttrice avrebbe dovuto dimostrare che gli effetti della crisi aziendale avevano investito l'albergo incidendo concretamente sul contratto di locazione. Il giudice di legittimità, al riguardo, ha evidenziato che la ratio dell'art. 27 citato è di verificare la sussistenza anche solo potenziale dei gravi motivi e consentire il recesso per prevenire la crisi del conduttore ed evitare che lo stesso venga a trovarsi in uno stato di decozione (Cass., sez. 3, 27 marzo 2014, n. 7217)Sotto questo profilo la Corte di Cassazione ha, perciò, ritenuto che i giudici di seconda istanza avevano applicato correttamente i principi espressi sul punto dalla costante giurisprudenza.



 

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