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Ragazza madre, SC: “Commette reato se cede il figlio appena nato, anche se non riceve un compenso”

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Con la pronuncia n. 2173 dello scorso 17 gennaio, la Cassazione, VI sezione penale, ha confermato la condanna inflitta ad una giovane donna che,pur in assenza di corrispettivo, aveva accettato di affidare il suo bambino, appena nato, ad una coppia di coniugi in assenza di un formale e legale procedimento di adozione. Si è difatti precisato che "chi affida illegittimamente il minore viola sempre l'interesse del minore ad un affidamento nel rispetto di tutte le condizioni poste a sua tutela (stabilità della coppia affidataria, maturità e capacità educativa della stessa…); chi lo riceve è punito, invece, solo se ha pagato, evidentemente perché non si è ritenuto meritevole di pena colui che lo riceva per appagare un desiderio naturale di genitorialità, senza ricorso a strumenti latamente corruttivi".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende spunto dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un ginecologo, di una coppia di coniugi e di una ragazza per aver tutti concorso nel reato di cui all'art. 71 della legge 184/83.

In particolare il ginecologo, dietro corrispettivo di una somma di denaro, prometteva ai coniugi l'affidamento di un nascituro, con l'ulteriore intesa di alterare lo stato di nascita del neonato in modo che risultasse loro figlio naturale. Il bambino, il giorno della sua nascita, effettivamente veniva affidato, in accordo con la madre naturale, alla coppia di coniugi che versava al medico la somma pattuita; tuttavia, la concordata alterazione dello stato di nascita, con la falsificazione del nome della madre naturale, non si realizzava per un imprevisto sopravvenuto al momento della trasmissione dell'atto di nascita da parte della direzione amministrativa della clinica all'Ufficio di Stato Civile del Comune. 

La Corte di Appello di Napoliconfermando la condanna del G.I.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere emessa all'esito del giudizio abbreviato – infliggeva una dura condanna, oltre che al medico e ai coniugi, anche alla madre naturale per essersi prestata consapevolmente alla consegna del proprio figlio, pur senza partecipare all'accordo economico, intercorso esclusivamente tra la coppia di coniugi e il medico.

La difesa della ragazza, ricorrendo in Cassazione, censurava violazione di legge in relazione alla riconosciuta integrazione della fattispecie delittuosa prevista dall'art. 71 della legge 184/83: secondo la ricorrente, infatti, sarebbe necessario presupposto del reato che la violazione di legge si realizzi nell'ambito di un formale procedimento di adozione; di contro, nel caso di specie, l'affidamento del minore era avvenuto al di fuori di un procedimento di adozione e senza alcun beneficio economico per la ricorrente.

In secondo luogo quest'ultima – sottolineando come non aveva partecipato alla vendita del minore, essendo stato il corrispettivo in denaro versato dalla coppia affidataria al solo medico ginecologo – rilevava che neanche l'altro elemento necessario per integrare il delitto in esame (ovvero la cessione del minore verso un corrispettivo economico) si era realizzato.

Infine si difendeva sostenendo di non essere stata consapevole di prendere parte ad una adozione illegittima del proprio figlio, essendo solo interessata ad affidarlo a terzi, ignorando la possibilità di partorire e dare in affido il bambino in anonimato.

La Cassazione non condivide le censure formulate dall'imputata.

In punto di diritto la Corte chiarisce che il delitto di cui all'art. 71 della legge 184/83 non richiede affatto che l'affidamento illegale del minore sia avvenuto nell'ambito di una procedura formale di adozione (cfr. comma 1), né è previsto, per colui che affida il minore, la previsione di un compenso economico come corrispettivo della consegna del minore stesso, essendo tale compenso richiesto solo, come condizione di punibilità, per colui che "riceve" il minore in illecito affidamento (cfr. comma 5). 

Così, mentre chi riceve un minore è punito solo se ha pagato (non essendo, di contro, ritenuto meritevole di pena colui che riceva un minore unicamente per appagare un desiderio naturale di genitorialità, senza ricorso a strumenti latamente corruttivi), diversamente la punizione scatta sempre per chi affida illegittimamente il minore: costui, infatti, viola sempre l'interesse del minore ad un affidamento nel rispetto di tutte le condizioni poste a sua tutela (stabilità della coppia affidataria, maturità e capacità educativa della stessa) sicché già tale comportamento, a prescindere dalla previsione di un corrispettivo economico, vale a ledere il bene giuridico protetto dalla disposizione incriminatrice.

Da ultimo, la sentenza in commento precisa – in relazione ai rapporti tra il reato in esame e quello, più grave, di alterazione di stato (567 c.p.) – che nel caso di alterazione della filiazione naturale si è al di fuori dell'ambito di operatività del reato previsto dall'art. 71, perché l'inserimento nella nuova famiglia si realizza per effetto della falsa certificazione di stato senza ricorso all'istituto dell'adozione; diversamente, nel caso in cui non vi sia alterazione dello stato civile del neonato si configura il reato di cui all'art. 71, perché l'inserimento nella famiglia affidataria avviene in violazione dell'istituto dell'adozione.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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