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Pratica edilizia irreperibile: è onere dell’Amministrazione estendere le indagini presso altre PA

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Con la sentenza n. 1245 dello scorso 29 giugno, il Tar della Lombardia, sezione seconda, ha statuito l'illegittimità di un diniego opposto da un Comune ad una istanza di accesso ad una pratica edilizia, motivato sulla mera dichiarazione di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta ostensiva.

Si è difatti precisato che qualora la documentazione non venisse reperita, l'Amministrazione deve estendere le relative indagini, anche con le opportune segnalazioni e denunce all'Autorità giudiziaria, presso le altre Amministrazioni che siano in possesso di copia della documentazione richiesta, per poi – in caso di ulteriore esito negativo delle ricerche – dare conto al privato delle ragioni dell'impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell'adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi.

Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio dalla presentazione di una istanza di accesso agli atti, per mezzo della quale la proprietaria di una unità immobiliare chiedeva l'ostensione agli atti inerenti a talune istanze di autorizzazione edilizia presentate negli anni '90 relative all'unità immobiliare di sua proprietà.

Stante l'inerzia dell'Amministrazione e la conseguente formazione del silenzio-rigetto, l'interessata ricorreva al Tar, affinché fosse riconosciuto il diritto di accedere a quelle pratiche edilizie e si ordinasse al Comune di provvedere sull'istanza di accesso, con immediata nomina di un commissario ad acta deputato a subentrare in caso di ulteriore inerzia dell'ente.

Costituendosi in giudizio, il Comune si opponeva all'accoglimento del ricorso; successivamente depositava una nota comunale con la quale invitava la ricorrente a rivolgersi presso altro ufficio, ove avrebbe trovato i documenti richiesti.

Proposta ritualmente una seconda istanza presso l'ufficio indicato, il responsabile dell'accesso negava nuovamente l'ostensione, con comunicazione nella quale si esplicitava che, dalle ricerche effettuate presso gli archivi e gli uffici interessati, gli atti richiesti risultavano irreperibili. 

 Prodotta ed esaminata tutta la documentazione nelle more intervenuta, il Tar accoglie il ricorso della proprietaria, essendo la sua istanza di ostensione rimasta insoddisfatta.

Il Collegio Amministrativo evidenzia come l'Amministrazione - dopo avere fatto vanamente decorrere il termine stabilito dalla legge per provvedere sull'istanza di accesso, così costringendo la ricorrente ad adire il giudice amministrativo – ha comunicato, quando era già stato instaurato il giudizio amministrativo, dapprima che i documenti richiesti erano conservati presso altro ufficio e, in un secondo momento, dopo che l'istante aveva presentato nuova richiesta di accesso, che i documenti erano irreperibili.

Sul piano procedurale la sentenza in commento ricorda che se il giudizio ex art. art. 116 c.p.a. è stato già incardinato sul presupposto dell'avvenuta formazione del silenzio-rigetto, il fatto che l'Amministrazione adotti un'esplicita determinazione di segno negativo non ha alcun effetto sulla procedibilità dell'azione, in quanto il giudizio in materia di accesso, anche se si atteggia come impugnatorio perché rivolto avverso il provvedimento di diniego o avverso il silenzio-rigetto formatosi sulla relativa istanza, ha in realtà per oggetto l'accertamento della spettanza o meno del diritto medesimo.

Ciò posto, la ricorrente non aveva l'onere di impugnare i due atti di diniego sopraggiunti nel corso del giudizio: sebbene il secondo diniego si riferisse ad nuova istanza, quest'ultima si atteggiava come una reiterazione/prosecuzione della prima, sollecitata dalla stessa Amministrazione presso un diversa articolazione interna dei suoi uffici.

In relazione al merito del ricorso, il Tar rileva come, anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi, si applica il principio ad impossibilia nemo tenetur, sicché l'esercizio del relativo diritto di accesso non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili. 

 Ciò non implica, tuttavia, che l'Amministrazione possa affermare l'indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi: spetta, infatti, all'Amministrazione destinataria dell'istanza di accesso l'indicazione, sotto la propria responsabilità, degli atti inesistenti o indisponibili che non è in grado di esibire, con l'obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità.

In particolare, nei casi di dichiarata irreperibilità dei documenti oggetto di istanza di accesso, l'Amministrazione è tenuta ad eseguire, con la massima accuratezza e diligenza, sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti in visione, anche destinando all'uopo idonee risorse in termini di personale e tempo; qualora, ciò nonostante, la documentazione non venisse reperita, deve estendere le relative indagini, anche con le opportune segnalazioni e denunce all'Autorità giudiziaria, presso le altre Amministrazioni che siano in possesso di copia della documentazione richiesta, per poi – in caso di ulteriore esito negativo delle ricerche – dare conto al privato delle ragioni dell'impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell'adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi.

Con specifico riferimento al caso di specie, l'Amministrazione non aveva fornito riscontro al richiedente, poi giustificando tale silenzio alla luce dell'irreperibilità della documentazione richiesta: il diniego si è fondato unicamente sulla mera dichiarazione di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta ostensiva, senza dare puntuale conto delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento e delle ricerche in concreto compiute.

Alla luce di tanto, il collegio accoglie il ricorso, ordinando all'Amministrazione interessata di provvedere sull'istanza di accesso della ricorrente entro sessanta giorni, attivando ogni iniziativa utile a reperire la documentazione richiesta, con l'obbligo di acquisire attestazioni formali dei Responsabili degli uffici interessati circa l'effettuazione delle ricerche compiute e le ragioni dell'eventuale irreperibilità della documentazione richiesta; in caso di inottemperanza nel termine indicato, il TAR dispone la nomina di un commissario ad acta, che darà corso alle operazioni necessarie a dare riscontro all'istanza di accesso.

 

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