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Con l'ordinanza n. 21392 dello scorso 6 luglio, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito l'importanza del criterio del "tenore di vita" nella valutazione dell'entità dell'assegno di mantenimento da corrispondere nel caso di separazione dei coniugi.
Gli Ermellini hanno difatti precisato che "i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, il Tribunale di Napoli, nel pronunciare la separazione di una coppia di coniugi con addebito al marito, obbligava quest'ultimo al versamento in favore della moglie di un assegno mensile dell'importo di Euro 3.000.
La Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della decisione di primo grado, riduceva l'assegno di mantenimento a Euro 1.500 mensili, ritenendo come dall'esame comparativo dei rispettivi patrimoni e redditi emergesse una consistente posizione economica della donna, titolare di una quota del 31,25 % del capitale di una società di capitali e proprietaria di immobili prestigiosi e redditizi.
Ricorrendo in Cassazione, la moglie censurava la decisione per violazione e falsa applicazione dell'art. 156 c.c., dolendosi per aver la corte di merito deciso la riduzione dell'assegno di mantenimento applicando erroneamente i criteri di quantificazione indicati ex lege, ovvero senza tenere in considerazione il tenore di vita goduto dalla donna in costanza di matrimonio anche in considerazione della capacità patrimoniale dei coniugi, dei loro beni, della durata del matrimonio, l'attività degli stessi in ragione delle proprie capacità e potenzialità reddituali.
Sul punto, la ricorrente evidenziava di avere delle capacità reddituali lavorative molto ridotte a causa dell'età e sottolineava l'erroneità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui aveva operato la riduzione valutando esclusivamente l'esame comparativo tra i patrimoni e le partecipazioni azionarie senza considerare la reale capacità reddituale.
La Cassazione condivide la posizione della ricorrente.
Gli Ermellini, premessa la sostanziale diversità che caratterizza il contributo in favore del coniuge separato rispetto all'assegno divorzile, evidenziano come il dovere di assistenza materiale, nel quale si attualizza l'assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini fondamentali del matrimonio e non presenta alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche temporanea, di separazione.
Ne deriva che i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio.
In relazione al caso di specie, la Cassazione evidenzia come la corte del merito, diffondendosi sulla comparazione tra i reciproci dati reddituali e patrimoniali, si è limitata a verificare la posizione economica della ricorrente, peraltro sicuramente preesistente, senza prendere in considerazione il tenore di vita coniugale e senza valutare l'adeguatezza dell'entità dell'assegno per mantenere il tenore di vita precedente, per quanto questo fosse alimentato anche dall'accertato patrimonio personale preesistente della moglie.
In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Napoli perché, in diversa composizione, provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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