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L’Emigrazione italiana in Svizzera. Ieri e oggi.

rizzo

Sono stato anch'io un emigrante siciliano in Svizzera dal 1962 al 1999 in pianta stabile. E dopo il pensionamento divido la mia vita tra il sud della Svizzera, l'assolato e ubertoso, Canton Ticino, e la calda terra di Sicilia.

In questi ultimi vent'anni sono stati moltissimi gli Amici e i Conoscenti che sono venuti a trovarmi e con i quali abbiamo visitato posti noti e posti meno noti. Ma non per questo meno interessanti.

Proprio la scorsa settimana, unitamente ad una coppia di Amici di vecchissima data, siamo stati ad Aidone, a pochi chilometri da Piazza Armerina che, con gli splendidi mosaici, l'hanno resa famosa in tutto il mondo.

Personalmente mi reco volentieri ad Aidone, purtroppo meno conosciuta di Piazza Armerina, per rimanere, nonostante ci sia stato numerosissime volte, estasiato davanti all'imponente scultura di Demetra o Venere di Morgantina.

Sempre rimaniamo con il fiato sospeso. Puntualmente la stessa emozione travolge tutti gli Amici che accompagno.

La stessa cosa capita ogni qualvolta ci rechiamo a Mazzara del Vallo davanti a quel Satiro danzante. Anche quest'opera rimane fuori dai circuiti turistici per la vicinanza di Agrigento e di Selinunte.

Ma torniamo ad Aidone.

Dopo la visita al Museo, proprio davanti alla porta all'entrata, c'è un localino, "La Piazzetta del museo" gestito da una coppia di "emigranti" tedeschi di Francoforte che preparano leccornìe, semplici quanto gustose e dove si fanno incontri, a volte singolari.

Abbiamo preso posto ad un tavolo dove era seduto un vecchio signore di Aidone, di stampo tipicamente contadino, vecchia maniera, che si è presentato, avendo capito che i miei ospiti erano svizzeri, con nome e cognome e con l'orgoglio di aver lavorato in un Canton di lingua tedesca, Soletta, per 35 anni.

Un lavoro che gli ha permesso di realizzare ad Aidone uno stabile con quattro appartamenti, il suo e uno ciascuno per i tre figli, su un bel pezzo di terra con olivi, agrumi e parecchi alberi da frutta.

Valore 250.000.00 euro, ma lui sarebbe disposto anche a venderlo per 50.000.00. Ma non lo vuole comprare nessuno.

Moglie, figli e nipoti vivono a Bergamo e non hanno alcun interesse a ritornare ad Aidone. E lui fa il pendolare.

Quanta tristezza abbiamo potuto leggere in uno sguardo triste e stanco.

Era figlio della "seconda ondata" dell'emigrazione italiana in Svizzera. Quella della fine degli Anni Cinquanta inizio anni Sessanta. 

Era l'emigrazione che, tutto sommato, nel bene come nel male, permetteva a milioni di emigranti sia di comprare e costruire al Paese di origine, sia di arricchire con le rimesse la bilancia dei pagamenti tra la l'Italia e la Svizzera.

La prima ondata, meno numerosa, si era verificata subito dopo la fine della Prima guerra mondiale. E tra le due guerre, soprattutto dopo l'8 settembre 1943, la Svizzera dava ospitalità anche a numerosi personaggi che non si riconoscevano nell'ideologia fascista.

Una cosa è certa: i problemi c'erano! Ma piano piano hanno trovato delle soluzioni: anche se a volte parziali.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l'industria svizzera si trovò davanti ad un dilemma: ristrutturare le fabbriche, investendo nelle nuove tecnologie, o approfittare del mercato della manodopera estera, soprattutto, del bacino del Mediterraneo. Un mercato più redditizio, al quale si chiedevano esclusivamente delle "braccia" per lavorare. Poi, per parafrasare un grande scrittore svizzero, Max Frisch, ci si accorse che con le braccia "erano arrivati gli uomini". E gli uomini del Sud europeo erano rimasti, da millenni, legati alle tradizioni e alla cultura agricole.

I primi dissapori, le prime incomprensioni degli Anni Cinquanta, tra la Comunità indigena e quella dell'emigrazione, piano piano lasciarono il posto ad un legame di reciproco rispetto, ad una civile sopportazione, dopo aver preso atto che entrambe le comunità erano necessarie allo sviluppo economico e alla crescita civile della Svizzera. Si fecero le prime conoscenze, nacquero i primi amori tra giovani italiani e svizzeri, si celebrarono i primi matrimoni misti.

Si passò, nella comunicazione, dai linguaggi mimici ai primi rudimentali tentativi di dialoghi in "Schwytzerdutsch", il dialetto del luogo, alla necessità di apprendere la lingua tedesca. Si organizzarono corsi serali di tedesco, grazie all'Associazionismo italiano, alle Missioni Cattolica e a quella fonte inesauribile di iniziative Missionari.

Nacquero i "Verein fur Gastarbeiten fragen", un organismo per i problemi dei lavoratori ospiti, e con l'aiuto finanziario di alcune industrie, si organizzarono i primi corsi serali di formazione.

Si viveva una certa agiatezza. 

A volte capitava che, durante le vacanze, quando si ritornava al proprio Paese, ci si sentiva sempre più insoddisfatti: mal si sopportavano i rumori molesti, le grida del venditore ambulante, il traffico caotico e rumoroso, l'atteggiamento dell'impiegato comunale che quasi mai era in grado di darti la risposta al problema che tu ponevi.

Era cominciata la "sindrome del ritorno". Da una parte un desiderio indefinibile e, a volte, irrazionale del "dover ritornare"; dall'altra la presa di coscienza che gli anni passati a in Svizzera, comunque, ci avevano coinvolto, ci avevano modificati nelle abitudini e nelle usanze.

Erano tempi di grande prosperità, basati su una grande crescita economica e il pieno impiego per i lavoratori. Cominciava a diffondersi la società dei consumi: ogni famiglia può permettersi la macchina, la televisione, i vari elettrodomestici, che si possono rimpiazzare non appena sono guasti o superati. E' l'epoca in cui si registra un aumento generalizzato del benessere per la maggioranza delle persone. E' il famoso sistema che gli economisti chiamano "fordismo". La Svizzera ha prodotto e distribuito ricchezza in questo periodo. E l'emigrazione ha beneficiato di queste opportunità.

Ora, statistiche dello scorso anno, ci informano che l'immigrazione italiana in Svizzera è tornata a livello degli anni Sessanta.

"Il grande ritorno degli italiani" così titolava a tutta pagina l'edizione del 7 giugno di due anni fa, il quotidiano "24 Heures" il primo giornale della Svizzera Romanda per tiratura.

Ma se siamo interessati a leggere un agevole libro sull'emigrazione italiana in Svizzera, pubblicato lo scorso anno, consiglio Toni Ricciardi "Breve storia dell'emigrazione italiana in Svizzera. Dall'esodo di massa alle nuove mobilità", Donzelli Editore, 2018. 

 

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