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Concorrente con tatuaggio, ambito militare: la P.A. deve provare l'inidoneità al servizio

GU

Con sentenza n. 3513 del 15 marzo 2019, il Tar Lazio, con riferimento ai concorsi per l'accesso al pubblico impiego in ambito militare e/o assimilato, ha affermato che «la presenza di un tatuaggio non può costituire causa automatica di esclusione dal concorso per non idoneità, essendo necessario che tale alterazione [...] della cute rivesta carattere "rilevante" e che sia idonea a compromettere il decoro della persona e dell'uniforme». L'onere di provare i motivi dell''inidoneità in esame incombe sulla P.A.

Ma vediamo nel dettaglio la questione esaminata dal Tar.

I fatti di causa.

Nel caso sottoposto all'attenzione dei Giudici amministrativi la ricorrente, dopo aver partecipato ad un concorso pubblico per allievi agenti di Polizia di Stato (P.S.) e aver superato sia la prova scritta che la prova di efficienza fisica, è stata esclusa dalle fasi successive del concorso in quanto ritenuta inidonea al servizio dalla Commissione preposta all'esame per l'accertamento del possesso dei requisiti psico-fisici. Tale giudizio di inidoneità è imputabile alla presenza di un tatuaggio in via di rimozione "in zona non coperta dall'uniforme". La concorrente ha impugnato sia la decisione della Commissione su indicata che la graduatoria definitiva, lamentando che nella specie non è stato adeguatamente motivato il giudizio di inidoneità, essendoci solo un richiamo alla presenza di un tatuaggio "in zona non coperta dall'uniforme" in via di rimozione. Richiamo, questo, non assistito:

  • né da ulteriori dettagli necessari a stabilire il quantum della visibilità del tatuaggio,
  • né dalla descrizione dell'area cutanea.

Ad avviso della ricorrente, inoltre, il tatuaggio, poiché è ormai sbiadito, a seguito del trattamento laser effettuato dalla stessa e quindi prossimo alla scomparsa, sia per dimensioni che per contenuto non ha un aspetto deturpante tale da renderlo incompatibile con la divisa, essendo ormai privo di valore simbolico negativo. 

Sulla base di tali motivazioni, il caso è giunto dinanzi al Tar.

Nel giudizio, si è costituita la P.A., la quale si è opposta all'accoglimento del ricorso ritenendo:

  • legittimo il giudizio della Commissione in quanto l'oggettiva presenza del tatuaggio costituisce, per i partecipanti ad un concorso nella P.S., motivo di non idoneità senza alcun margine di discrezionalità o apprezzamento di elementi diversi e ulteriori;
  • non rilevante le sedute di trattamento di rimozione del tatuaggio da parte dell'interessata, in quanto il suddetto trattamento non costituisce una garanzia a priori riguardo la riuscita dell'operazione e la esclusione di cicatrici permanenti.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dal Tar.

La decisione dei Giudici amministrativi.

Innanzitutto il Tar parte dall'esame dell'art. 3, comma 2, del Regolamento sui requisiti di idoneità per l'ammissione ai concorsi per l'accesso ai ruoli della Polizia di Stato (Decreto ministeriale 30 giugno 2003, n.198). Tale norma prevede una tabella in cui sono elencate le imperfezioni che costituiscono causa di non idoneità, tra le quali sono compresi i tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme di servizio quando per la loro sede e natura siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme. Quanto al requisito della visibilità il Tar ha spiegato che il tatuaggio deve presentare una certa evidenza, impossibile da coprire indossando la divisa (cfr. Cons. Stato, sez.VI, 13 maggio 2010, n. 2950).


Ne consegue che la presenza di un tatuaggio sulla cute di un aspirante a pubblico impiego in ambito militare e/o assimilato può essere considerata circostanza rilevante ai fini dell'esclusione dal relativo concorso solo nel caso in cui il tatuaggio stesso, «per estensione, gravità o sede, determini una rilevante alterazione fisiognomica, tanto da determinare l'adozione di un giudizio di non idoneità al servizio».

In altri termini per poter costituire causa di esclusione dal concorso per non idoneità, occorre che la presenza di un tatuaggio sia idonea a compromettere il decoro della persona e dell'uniforme. Chiarito questo, secondo i Giudici amministrativi, incombe sull'Amministrazione l'onere di specificare, con adeguata motivazione, le ragioni in base alle quali la presenza di un tatuaggio è causa di non idoneità all'arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento (in tal senso, ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. I quater n. 8499/2018; id., n. 1073/2019). Proprio applicando tali principi al caso di specie, il Tar ha ritenuto che il giudizio di inidoneità espresso dalla Commissione è illegittimo sotto il profilo della valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, della carenza di motivazione e della contraddittorietà.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Tar ha accolto il ricorso ed ha disposto l'annullamento dei provvedimenti gravati, con conseguente salvezza dell'ammissione della ricorrente al corso di formazione e inserimento del nominativo della medesima nella graduatoria finale. 

 

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