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Cnf. Avvocato e Patronati

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Fonte: https://codicedeontologico-cnf.it/

Patronati sono persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità ex art. 1 Legge del 30 marzo 2001, n. 15 recante la "Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale".

L'attività di assistenza in sede giudiziaria

L'art. 9 della suddetta legge disciplina la collaborazione dell'avvocato nel Patronato prevedendo che

  • il patrocinio in sede giudiziaria è regolato dalle norme del codice di procedura civile e dalle norme che disciplinano la professione di avvocato (art.9 co.1);
  • il patronato assicura la tutela in sede giudiziaria mediante apposite convenzioni con avvocati, nelle quali sono stabiliti i limiti e le modalità di partecipazione dell'assistito alle spese relative al patrocinio e all'assistenza giudiziaria, anche in deroga alle vigenti tariffe professionali, in considerazione delle finalità etico-sociali perseguite dagli istituti stessi (art.9 co.2);
  • gli avvocati e i patronati non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro assistiti alcun patto di compenso relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e del risarcimento dei danni (art.9 co.3).

L'avvocato può aprire una sede di patronato? 

Con parere n. 54 del 10 ottobre 2025 il Consiglio Nazionale Forense si è espresso in merito alla compatibilità tra l'esercizio della professione fornese con l'apertura di una "sede centro raccolta CAF/Patronato con delega di Rappresentante di Sindacato".

 Al riguardo il Consiglio ha precisato che i Patronati possono essere istituiti unicamente dai soggetti di cui all'articolo 2 della legge n. 152/2001 tra i quali non figura l'avvocato.

Ne discende che l'avvocato può, evidentemente, fornire la propria opera al patronato stesso, ma unicamente sulla base di un mandato professionale e nel rispetto delle norme in materia di incompatibilità e dei canoni deontologici.

La L. n. 49/2023 recante Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali si applica ai Patronati

Con parere n. 53 del 10 ottobre 2025 il Consiglio nazionale forense ha ricordato che la L. n. 49/2023 si applica unicamente

  • ai rapporti professionali regolati da convenzioni e aventi a oggetto attività "svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro" (art. 2, comma 1),
  • alle prestazioni rese "in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D. Lgs. del 19 agosto 2016, n. 175".

    Al contrario la suddetta legge non si applica "alle prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti della riscossione" (art. 2, comma 3), con la conseguenza che l'ambito soggettivo non comprende i Patronati che sono "persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità".

    Il compenso dell'avvocato che collabora con il Patronato

    Altro dubbio è emerso in merito alla possibilità di considerare conformi ai principi di dignità della professione e di proporzionalità dei compensi le convenzioni stipulate dall'avvocato nelle quali quest'ultimo si impegni ad applicare compensi in misura inferiore di 4 o 5 volte inferiori alla soglia minima del parametro.

    Sul punto il Consiglio ha affermato che al di fuori dell'ambito di applicazione della L. n.49/2023 vige il principio generale di libera pattuizione del compenso, ex art. 13 della legge n. 247/12 che fa riferimento ai parametri "indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni". Tali parametri si applicano

  • quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta,
  • in ogni caso di mancata determinazione consensuale,
  • in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e
  • nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge.

Infine, il Consiglio ha precisato che in nessun caso i parametri assumono la funzione di tariffe inderogabili in forza del principio generale della libera pattuizione del compenso.


 

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