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Assegno divorzile: sì all’ex moglie, proprietaria di più immobili, che si è sacrificata durante il matrimonio

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 Con l'ordinanza n. 11044 depositata lo scorso 5 aprile, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha statuito la legittimità di una sentenza di appello con la quale si era confermato un assegno divorzile a favore di una donna, proprietaria di numerosi immobili e percettrice di una pensione, per aver la stessa, in costanza di matrimonio, sacrificato le proprie aspettative professionali per occuparsi della famiglia e dei tre figli.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Roma – pronunciando lo scioglimento del matrimonio tra una coppia di coniugi – poneva a carico del marito l'obbligo di versare, a favore della moglie, un assegno divorzile di euro 900,00.

La Corte di Appello di Roma, confermava la decisione di primo grado, rigettando l'appello proposto dall'ex marito.

 A sostegno di siffatta decisione, i giudici di secondo grado valorizzavano l'elevata sproporzione economico-patrimoniale tra le parti, avendo l'ex marito entrate mensili di Euro 4.500, oltre ad essere proprietario della casa in cui viveva.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo eccepiva violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 6, della Legge 898/1970, per non aver la Corte di merito tenuto conto di tutti i parametri imposti dalla norma e vincolanti, in violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza del quantum dovuto all'ex moglie.

A tal fine, il ricorrente evidenziava come l'ex moglie fosse proprietaria esclusiva della casa in cui viveva con il figlio, di un altro appartamento e cantina, nonché comproprietaria di due terreni e, inoltre, percepiva una pensione di circa Euro 600,00 mensili, sicché l'assegno posto a suo carico era palesemente sproporzionato rispetto alla sintesi degli indici imposti dalla legge.

 La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente.

Gli Ermellini rilevano come il ricorso sia diretto a sollecitare impropriamente il riesame delle risultanze probatorie e del merito, tramite l'apparente denuncia del vizio di violazione di legge.

Di contro, la Corte distrettuale ha fatto propri i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018, rilevando come la rilevata sproporzione economico-patrimoniale tra le parti fosse riconducibile alle scelte di conduzione familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio con il sacrificio delle aspettative professionali dell'ex moglie, che si era occupata della famiglia e dei tre figli, in particolare del figlio maggiore affetto da disabilità psichica, mentre il padre non si era più curato di lui.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso, con condanna del ricorrente alle spese di lite e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione.

 

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