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Con l'ordinanza n. 10084 depositata lo scorso 10 aprile, la VI sezione civile della Corte di Cassazione – confermando la decisione della corte di appello – ha precisato che persiste l'obbligo alla corresponsione dell'assegno divorzile se l'ex coniuge, sebbene mamma di un bambino nato da una nuova relazione, non percepisca redditi propri, sia disoccupata e viva in un contesto territoriale caratterizzato da una prolungata crisi del mercato del lavoro.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso presentato da una donna affinché fosse pronunciata sentenza di divorzio dal marito: la ricorrente deduceva che il matrimonio era stato celebrato nel 1997, ma che, per le incompatibilità di carattere, i coniugi si erano separati di fatto nel 2000, ottenendo la separazione legale nel 2010; nel 2012 l'istante aveva avuto un figlio con un'altra persona, con la quale non si era instaurata alcuna convivenza more uxorio.
Il Tribunale di Nuoro pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio, negando il diritto dell'ex moglie di beneficiare l'assegno divorzile, in ragione della concreta possibilità per la donna di procurarsi mezzi adeguati per essere economicamente indipendente.
La pronuncia veniva appellata dalla moglie, per ottenere la corresponsione dell'assegno divorzile, in ragione del suo stato di disoccupazione e della mancanza di redditi propri.
La Corte di Appello di Cagliari, riformando la decisione di primo grado, disponeva la corresponsione, in favore della donna, di un assegno mensile di 150 Euro, essendo stato provato, nel corso del giudizio, l'an del diritto all'assegno di divorzio.
A sostegno di siffatta statuizione, la Corte di merito evidenziava come la donna non disponesse di mezzi adeguati per essere economicamente indipendente: la stessa, infatti, non percepiva alcun reddito, in quanto disoccupata, priva di redditi da pensione o di introiti da affitti; era titolare solo di un esiguo assegno, da parte del padre del figlio, per il mantenimento del minore.
I giudici romani, inoltre, evidenziavano come la donna non avesse neanche la possibilità di procurarsi i mezzi di sostentamento per ragioni oggettive, in ragione dell'età avanzata (43 anni), della mancanza di specializzazione professionale e della prolungata crisi del mercato del lavoro.
Ricorrendo in Cassazione, l'ex marito censurava la decisione, denunciando violazione dell'art. 5 della legge 898/1970.
In particolare, il ricorrente deduceva la mancanza di prova dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno, sostenendo che la Corte di merito avesse riconosciuto il diritto dell'ex coniuge all'assegno di divorzio in assenza delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dalla richiedente.
In seconda istanza, l'uomo si doleva per non aver la sentenza impugnata opportunamente valutato la sussistenza di una nuova relazione sentimentale che la donna, dopo la pronuncia della separazione, aveva avviato con il padre del figlio: secondo il ricorrente, infatti, la formazione della nuova famiglia di fatto era circostanza decisiva per escludere qualsiasi obbligo alimentare o di mantenimento.
La Cassazione non condivide le difese formulate dal ricorrente.
I Supremi Giudici specificano, infatti, che le censure sollevate siano tutte inammissibili: sebbene si voglia evidenziare l'assenza, nel caso di specie, dei parametri normativi e giurisprudenziali finalizzati all'accertamento del diritto all'assegno divorzile e alla sua quantificazione, di fatto il ricorrente omette di indicare quali siano gli specifici fatti il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito, pur a fronte di una specifica deduzione nel corso del giudizio.
Difatti, in relazione all'asserita instaurazione di una convivenza more uxorio e di una nuova stabile relazione affettiva successivamente alla separazione dal ricorrente, la Corte di appello – all'esito dell'istruttoria – ha correttamente rilevato come non si fosse raggiunta la prova certa ed effettiva sulla convivenza della nuova coppia, essendo di contro emerso che l'ex moglie vivesse, con il proprio bambino, a casa di sua madre: la Cassazione rileva che, a fronte di tale deduzione, il ricorrente né indica alcun fatto rilevante ai fini di smentire tale affermazione del giudice di appello né fornisce indicazioni sui modi e tempi della deduzione di tali fatti nel corso del giudizio di merito.
In relazione alla mancanza di prova dei presupposti economici per il riconoscimento dell'assegno, gli Ermellini rilevano che la motivazione della Corte di appello è conforme alla consolidata giurisprudenza formatasi sul punto, in quanto la sentenza impugnata ha accertato sia la condizione di non autosufficienza economica della donna sia la ricorrenza dei parametri di cui all'art. 5 della legge divorzio: alla luce di tanto la sentenza in commento conferma in toto la valutazione compiuta dalla Corte di Appello.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
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