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Aree adibite a parcheggio di posti auto scoperti e ordinanza di demolizione per abuso edilizio

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Riferimenti normativi: D.P.R. n. 380/2001, articoli 30 e ss. (Testo Unico Edilizia)

Focus: Gli spazi di pertinenza di un immobile, quali le aree cortilizie, possono essere adibite a parcheggio con posti auto scoperti attraverso la posa in opera di pavimentazione nell'area cortilizia pertinenziale all'immobile. Se nella realizzazione di tali opere il Comune ravvisa l'esistenza di un abuso edilizio può emettere un'ordinanza di demolizione delle stesse. In che modo è possibile opporsi all'esecuzione di tale ordinanza?

Principi generali: Nella maggior parte dei casi l'abuso edilizio consiste nella realizzazione di un'opera senza la necessaria autorizzazione, individuata nel permesso di costruire o nella SCIA; in altri casi, l'abuso edilizio potrà consistere nella realizzazione dell'opera con variazioni essenziali rispetto al progetto approvato. L'abuso edilizio può comportare l'intervento del Comune dove sorge l'area che, dopo aver accertato l'abuso, emette un'ordinanza di demolizione pubblicata sul sito istituzionale e notificata alla parte. Il destinatario, entro 60 giorni, può impugnare l'ordinanza davanti al Tribunale Amministrativo Regionale o può presentare al Comune una richiesta di sanatoria. 

L'abuso edilizio può comportare anche la pronuncia di una sentenza di condanna da parte del giudice penale con l'irrogazione di sanzioni penali e l'ordine di demolizione dell'opera edilizia abusiva. I due procedimenti, amministrativo e penale, sono però autonomi ed hanno finalità diverse. Infatti, l'ordinanza di demolizione emessa dal Comune si basa sulla pura constatazione dell'esistenza di un'opera realizzata in violazione della normativa urbanistica in vigore, mentre la sentenza di condanna richiede l'accertamento della colpevolezza di colui che ha commesso l'abuso. Pertanto, una eventuale assoluzione in sede penale non preclude l'adozione dell'ordinanza di demolizione nel caso in cui, a prescindere dell'individuazione di responsabilità soggettive, sussistano i presupposti di illegittimità urbanistica. Ciò al fine di ripristinare l'originario assetto del territorio alterato dall'intervento edilizio abusivo. A seguito della notifica dell'Ordinanza di demolizione il destinatario può: 1) proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) competente per territorio, per vizi di legittimità, entro itermine perentorio di 60 giorni dalla data di ricevimento della notifica. 2) presentare istanza di sanatoria ordinaria, ai sensi dell'art.36 del Testo Unico Edilizia, mediante C.I.L.A. o S.C.I.A., da confermare presso lo Sportello Unico per l'Edilizia comunale preposto. L'istanza si può presentare solo a condizione che rispetti il principio della "doppia conformità", cioè che l'opera era conforme agli strumenti urbanistici vigenti quando è stata costruita e che sia conforme alle norme edilizie in vigore al momento della domanda di sanatoria. 

Per la regolarizzazione "in sanatoria" bisognerà, quindi, verificare le norme di Piano Regolatore Generale del Comune dove ricade l'immobile, che potrebbero presentare delle limitazioni a tale intervento. Se manca anche una sola delle due conformità (es. l'opera era conforme alle norme di allora ma non a quelle attuali, o viceversa), la sanatoria non può essere concessa. La presentazione dell'istanza di accertamento di conformità, prima della scadenza del termine per demolire o prima dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione, sospende il procedimento sanzionatorio e l'efficacia dell'ordine di demolizione, in attesa della decisione del Comune sulla sanatoria. Se la richiesta è accolta dal Comune che rilascia il permesso in sanatoria, previo pagamento di un'oblazione, l'ordine di demolizione diventa definitivamente inefficaceInvece, se la richiesta di sanatoria viene respinta (perché manca la doppia conformità o per altri motivi), l'ordine di demolizione riprende la sua efficacia e dovrà essere eseguito, salvo impugnazione del diniego di sanatoria al TAR (Cons. Stato 5870/23). 

 

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