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Vende le proprie proprietà e non riesce più a mantenere il figlio, Cassazione: giusta la revocatoria

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Con l'ordinanza n. 27625 dello scorso 3 dicembre, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha revocato taluni atti di disposizione patrimoniale compiuti da un padre, rilevando come – a seguito di siffatte operazioni – sarebbe stato sempre meno agevole e più difficoltoso per l'uomo adempiere all'obbligo di mantenimento a favore del figlio minorenne.

Si è quindi precisato che la revocatoria è giustificata non solo da una diminuzione del patrimonio del debitore, ma anche da atti di disposizione che rendano meno agevole e più difficile la soddisfazione del creditore in caso di inadempimento.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dalla pronuncia del Tribunale dei Minorenni di Torino, con cui veniva sancito l'obbligo di un padre di versare al figlio minore un assegno mensile di 330 euro al mese, oltre la metà delle spese mediche e scolastiche.

A seguito del compimento, da parte del padre, di alcuni atti di disposizione del suo patrimonio (nella specie, la cessione, ad altri figli ed alla prima moglie, di metà della proprietà di una casa al mare, della casa coniugale e delle quote della società che gestiva), la mamma del minore adiva il Tribunale di Torino, affinché – previo accertamento della finalità elusiva di quegli atti di disposizione, rivolti ad eludere il debito da mantenimento del figlio – se ne dichiarasse la revocatoria.

Il Tribunale accoglieva la domanda. 

 Proponendo appello, il padre evidenziava di aver sempre adempiuto puntualmente all'obbligo di mantenimento e che la pensione percepita (pari ad euro 1.069,00) era sufficiente a garantire il pagamento dell'assegno mensile di 330 euro disposto a favore del figlio.

La Corte di Appello di Torino accoglieva l'appello, ritenendo che la pensione del padre, oltre agli altri beni a lui ancora intestati, fossero sufficienti a garantire il debito verso il figlio.

Ricorrendo in Cassazione, la madre censurava la decisione della corte di merito, colpevole di avere frainteso l'ammontare del mantenimento riconosciuto dal Tribunale al figlio minore, che non era di soli 330 Euro, ma comprendeva altresì altre somme variabili, come la metà delle spese mediche e scolastiche, oltre a quelle imprevedibili.

A tal riguardo la donna eccepiva che l'ammontare dell'assegno non era a priori determinabile e che ciò aveva importanti ripercussioni sull'accertamento del danno che il creditore poteva subire dalla dismissione del patrimonio da parte del debitore.

La Cassazione condivide la posizione del ricorrente.

 Gli Ermellini ricordano che si ha l'azione revocatoria ogni qual volta si verifichi una riduzione del patrimonio del debitore, tale da rendere più difficile l'adempimento dei propri debiti: la revocatoria è quindi giustificata non solo da una diminuzione del patrimonio del debitore, ma anche da atti di disposizione che rendano meno agevole e più difficile la soddisfazione del creditore, in caso di inadempimento.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come la corte di merito – nel ritenere che il patrimonio residuo fosse capiente rispetto al credito vantato (330 Euro mensili, oltre metà delle spese mediche e scolastiche) – non abbia adeguatamente valutato il possibile pregiudizio circa la maggiore difficoltà di realizzazione del credito a causa degli atti di disposizione del patrimonio, posto che la riduzione del patrimonio complessivo e del reddito di fatto rendevano più difficoltosa la soddisfazione del credito.

In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Torino, in diversa composizione anche per le spese.

 

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