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Pietro Ioia, un Garante ribelle per le carceri napoletane

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Pietro Ioia non è il primo Garante dei detenuti ad aver vissuto l'esperienza della galera, ma le polemiche sterili e i toni della discussione lasciano pensare che, nel suo caso, si tratti di una nomina che spariglia le carte e spaventa qualcuno.

«Chiederemo la cancellazione del reato di tortura, che è la fattispecie penale più invocata dai detenuti nelle carceri italiane». Così tuonava l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini uscendo dal carcere napoletano di Poggioreale dove si è precipitato per portare solidarietà agli agenti della polizia penitenziaria. «Gli unici ad essere "torturati" in carcere sono i poliziotti, non i delinquenti. Basta!!!» ha postato il leader della Lega su Facebook contestando la decisione del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, di nominare Garante dei detenuti Pietro Ioia, napoletano di 60 anni, che negli anni Ottanta è stato un narcotrafficante internazionale. «Sono stato arrestato e trattenuto in carcere per 22 anni. Nel 2002 sono uscito e ho deciso di cambiare vita. Da 15 anni lotto per i diritti dei detenuti», racconta l'ex galeotto.

Poteva tornare a delinquere, come succede statisticamente all'80% delle persone che non hanno avuto l'opportunità di scontare la pena con una misura alternativa al carcere. Invece, uscito di prigione, Ioia ha fondato l'Associazione Ex DON (detenuti organizzati napoletani), di cui è presidente, e ha iniziato la sua battaglia combattendo contro le condizioni disumane delle carceri campane: luoghi "criminogeni" che invece di rieducare addestrano all'illegalità. Per primo ha denunciato le violenze sui detenuti nella cosiddetta "cella zero" di Poggioreale, per cui si sta svolgendo il processo che vede imputati 12 agenti di polizia penitenziaria. La cella zero è diventato anche un libro e poi uno spettacolo teatrale. Pietro Ioia è particolarmente impegnato nel reinserimento sociale e lavorativo dei giovani che escono dal carcere, per evitare che tornino a delinquere. Con la sua associazione è diventato un punto di riferimento per i detenuti e per le loro famiglie. E adesso potrà esserlo anche formalmente, grazie alla nomina a Garante cittadino da parte del sindaco di Napoli con il compito di promuovere l'esercizio dei diritti e delle opportunità delle persone private della libertà personale. Una nomina che non prevede compenso, aspramente criticata da alcune sigle sindacali della polizia penitenziaria e anche da rappresentanti della politica che ne invocano il ritiro, definendo «indecente» la scelta di indicare «un pregiudicato, con diversi anni passati dietro le sbarre per reati gravi».

Per il leader leghista perennemente a caccia di consensi «è incredibile che i detenuti abbiano a disposizione avvocati e garanti». «Uomini in divisa giudicati da chi spacciava morte non è civile» ha detto l'ex ministro sulla nomina di Ioia. Ma Salvini ignora che quando una persona ha scontato la sua pena torna ad essere un uomo libero, tanto più se - come Pietro Ioia - si è riscattato dal suo passato preservando i principi della Costituzione secondo cui il carcere deve rieducare i detenuti. Pietro Ioia, rompe il silenzio e replica alle critiche. Lo fa con un post sul suo seguito profilo Facebook sul quale in questi giorni ha ricevuto moltissimi commenti di stima e di solidarietà. «La mia nomina a garante dei diritti delle persone detenute napoletane è la dimostrazione che chi affronta la sua condanna e fa un percorso riabilitativo può diventare un aiuto per chi non ha voce, ed è inoltre un esempio concreto di rispetto della nostra costituzione. Ventidue anni di carcere mi hanno fatto comprendere bene quali sono i problemi che deve quotidianamente affrontare chi all'interno di quelle mura ci deve stare o ci lavora. Alle critiche che ho ricevuto rispondo solo dicendo che sarò sempre a disposizione di chiunque voglia venire con me a conoscere e soprattutto aiutare le realtà penitenziarie napoletane».

Chi conosce e bazzica le carceri italiane sa bene che la situazione è molto delicata: il sovraffollamento penitenziario è arrivato di nuovo ai limiti della sopportazione, i detenuti ne soffrono, i lavoratori anche. E la contrapposizione strumentale degli interessi di "guardie e ladri" è utile solamente a chi la fomenta. Occorrerebbe invece uno sforzo straordinario da parte di tutti nel perseguimento dei fini costituzionali della pena. Pietro Ioia non è il primo Garante dei detenuti ad aver vissuto l'esperienza della galera, ma le polemiche sterili e i toni della discussione lasciano pensare che, nel suo caso, si tratti di una nomina che spariglia le carte e spaventa qualcuno. Ci sono competenze che non si acquisiscono sui libri, con i titoli o per concorso pubblico. La sensibilità necessaria per intercettare il disagio delle persone chiuse in gabbia, finanche cogliendo le parole non dette attraverso gli sguardi, o le sfumature di qualche livido, è una prerogativa di chi ha vissuto sulla propria pelle soprusi e violazione della dignità personale.

 

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