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Con l'ordinanza n. 14382 dello scorso 27 maggio, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha riconosciuto un ingente risarcimento a favore di una ragazza per il danno patito a seguito del mancato adempimento da parte del padre degli obblighi connessi alla responsabilità genitoriale, negando che potesse attenuare la responsabilità dell'uomo la circostanza per cui anche la mamma aveva omesso di prendere atto delle problematiche comportamentali della figlia al fine di porvi rimedio.
Si è quindi specificato che la responsabilità del genitore per i danni subiti dal figlio, in conseguenza del suo inadempimento ai propri obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza, non può ritenersi esclusa o limitata dalla circostanza che anche l'altro genitore possa non avere correttamente adempiuto ai rispettivi doveri.
Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Tribunale di Messina che condannava un padre a corrispondere in favore della figlia, a titolo risarcitorio, un importo equitativamente determinato pari ad Euro 66.759,00, per l'asserita violazione agli obblighi inerenti alla responsabilità genitoriale.
In particolare, il giudice di merito ravvisava la responsabilità dell'uomo nel non avere correttamente adempiuto agli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della figlia, negandole, tra le altre cose, anche il sostegno economico che l'attrice aveva richiesto al fine di proseguire gli studi universitari; a causa di siffatto comportamento, si ingeneravano delle difficoltà di vario genere nella serenità personale della ragazza e, complessivamente, nello sviluppo della sua personalità, tale da costringerla ad una anticipata interruzione degli studi.
La Corte di Appello di Messina confermava la sentenza di primo grado.
La Corte riteneva provato che l'inadempimento del padre aveva causato nella figlia un complessivo disagio materiale e morale, dal quale erano derivate una serie di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, di carattere patrimoniale e non patrimoniale, tra cui la scelta dell'attrice di interrompere anzitempo gli studi, così precludendosi delle possibilità di realizzazione professionale, con rilievo anche economico. Alla luce di tanto, si riteneva corretta la liquidazione in via equitativa formulata in primo grado, mancando la ragionevole possibilità di dimostrare la sua precisa entità del danno sofferto.
Il padre, proponendo ricorso per Cassazione, si doleva per non aver la sentenza impugnata adeguatamente considerato la condotta della madre dell'attrice, che – pur essendo più presente nella vita della figlia, in quanto con lei convivente – aveva omesso di prendere atto delle problematiche comportamentali della figlia e porvi rimedio.
In particolare, il ricorrente – ammesse le sue inadempienze ai doveri genitoriali – rilevava come era compito dell'ex moglie assumere in concreto l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la figlia, e quindi di intervenire tempestivamente, di fronte alle difficoltà di questa, per porre in essere i rimedi adeguati, onde evitare i danni poi dalla stessa risentiti.
La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente.
La Corte ricorda come, ai fini della responsabilità genitoriale, sia del tutto irrilevante l'adempimento, da parte dell'altro coniuge, ai propri obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza: gli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione gravano, infatti, su entrambi i genitori, non solo su quello convivente o quello più attivamente "presente", come sostenuto dal ricorrente.
Sul punto, gli Ermellini evidenziano come la giurisprudenza è granitica nel ritenere che anche nell'ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, non viene meno l'obbligo dell'altro genitore di provvedere al suo mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza: se tali obblighi gravano sul genitore naturale che non abbia riconosciuto il figlio, a maggior ragione essi graveranno su quello che sia rimasto semplicemente assente, di fatto sottraendosi all'adempimento dei suddetti obblighi senza alcuna ragione.
In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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Nel 2010 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Bari; nel 2012 ho conseguito sia il Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali presso l'Ateneo Barese che il Diploma di Master di II livello in "European Security and geopolitics, judiciary" presso la Lubelska Szkola Wyzsza W Rykach in Polonia.
Esercito la professione forense nel Foro di Bari, occupandomi prevalentemente di diritto civile ( responsabilità contrattuale e extracontrattuale, responsabilità professionale e diritto dei consumatori); fornisco consulenza specialistica anche in materia penale, con applicazione nelle strategie difensive della formula BARD.