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L’accollo fiscale non è legittimo

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Anche la giurisprudenza tributaria, dopo quella penale, ha iniziato ad analizzare il fenomeno del cosiddetto "accollo fiscale". Come ampiamente previsto, i primi contenziosi instaurati dai contribuenti hanno avuto esito negativo, stante l'evidente carattere sospetto, se non illecito, dell'operazione.

Qualche anno addietro, vari consulenti finanziari, avallati da professionisti del settore, proponevano alle imprese un – illusorio - proficuo metodo per diminuire – illecitamente - il proprio prelievo fiscale.

Come funzionava

Il debito dell'accollato (contribuente) veniva pagato dall'accollante (terza società), ma tale pagamento non avveniva "in contanti", bensì tramite compensazione con un proprio credito, credito che, a sua volta l'accollante aveva magari acquistato da soggetti che, per varie ragioni, non potevano monetizzarlo. Nel modello F24, venivano dunque indicati due codici fiscali, inserendo il codice "62", denominato "soggetto diverso dal fruitore del credito" (ris. Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2009 n. 286). Il contribuente successivamente corrispondeva poi all'accollante una percentuale del valore del proprio debito, "risparmiando" così la differenza. In questo modo si prospettavano agli ignari contribuenti ingenti risparmi d'imposta, andando, in talune situazioni, anche ad estinguere debiti iscritti a ruolo.

E' illecito

Ad una prima analisi, anche se è vero che lo Statuto del Contribuente ammette l'estinzione del debito tributario mediante accollo, è del pari vero che tale estinzione, se avviene, nei fatti, tramite compensazione, deve essere soggetta alle stringenti regole previste dalla legge tributaria, in primis dall'art. 17 del DLgs. 241/97. In questo senso anche la Commissione Tributaria Provinciale di Milano che, con Sentenza n. 2719/19/19 dello scorso 14 giugno afferma come la compensazione non può avvenire tra soggetti diversi. Nella fattispecie analizzata dalla sentenza l'operazione risultava ancor più sospetta, essendo stato indicato nel modello F24 il codice "51", inerente alla responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore giusta legenda contenuta nella risoluzione dell'Agenzia delle Entrate 11 aprile 2012 n. 34. Purtroppo però non risultava però sussistere alcun contratto di appalto tra i due soggetti.

Anche la Commissione Regionale Tributaria di Perugia, con Sentenza n. 11/2/19 dello scorso 26 febbraio analizza il fenomeno. Nel caso specifico, il contribuente aveva denunciato in Procura coloro i quali avevano "proposto" l'operazione, avendo avuto, dopo la presentazione dei modelli F24, il sospetto che si potesse trattare di crediti inesistenti. I giudici, nel rigettare il motivo di ricorso sull'inapplicabilità delle sanzioni, rammentano che le stesse possono essere irrogate anche per semplice colpa, consistente nella negligenza o nell'imperizia. Ciò si ravvisa in ragione del fatto che, per estinguere i debiti tributari, ci si era avvalsi dell'operato di soggetti terzi, nemmeno qualificati. Ma l'aspetto che più interessa è il seguente: nell'ipotesi esaminata dai giudici, tramite accollo fiscale si intendeva estinguere debiti iscritti a ruolo, debiti che, però, in sostanza continuavano a figurare negli archivi di Agenzia delle Entrate-Riscossione.

I giudici quindi sanciscono che: "la mancata contabilizzazione da parte dell'agente della riscossione dei crediti fittiziamente esposti nei modelli F24 intestati al contribuente fa in sostanza venire meno ogni effetto pratico dell'indebita compensazione: infatti i debiti erariali che erano già iscritti a ruolo e che non sono stati oggetto di sgravio non sono stati pagati nemmeno figurativamente con le indebite compensazioni e pertanto non possono essere recuperate somme che non sono state di fatto indebitamente percepite dal contribuente".

Niente sanzioni per il passato

Quest'ultimo aspetto è dirimente: se il contribuente, tramite il fenomeno elusivo ed illegittimo dell'accollo fiscale ma non solo, "tenta" di compensare un debito iscritto a ruolo, se questo debito, per il Fisco, continua ad esistere non si può parlare, in effetti, di indebita compensazione.

Alla luce di quanto esposto, cari contribuenti, diffidate da chi vi propina facili risparmi; analizzate, consultate, confrontate, e solo dopo avere verificato, operate.

Meditate contribuenti, meditate.

 

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