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Un medico del lavoro veniva condannato per omicidio colposo per non avere correttamente valutato, per colpa, la gravità del quadro clinico emergente dalle visite periodiche eseguite e, conseguentemente, per non aver comunicato al lavoratore e al di lui medico curante la situazione allarmante sul suo stato di salute che di lì a poco si sarebbe manifestata, in forma conclamata, nella malattia che ne aveva cagionato la morte.
La Corte nel decidere il ricorso del medico proposto a mezzo del suo difensore traccia la storia del ruolo del medico del lavoro nell'organizzazione aziendale fino all'attuale disciplina, da ultimo riformata con il d.lgs. n. 106 del 2009.
La Corte ricorda che i compiti del medico possono essere suddivisi in tre categorie:
1) i compiti c.d. professionali;
2) i compiti c.d. collaborativi;
3) i compiti c.d. informativi.
I primi consistono nel dovere di effettuare la sorveglianza sanitaria in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionale e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa.
I secondi sono sintetizzabili nel dovere di collaborare con il datore di lavoro alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori ai rischi al fine di fissare adeguate misure di prevenzione ed efficaci protocolli sanitari.
I compiti del terzo tipo consistono: "nel dovere primario di informare i lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività" e nel fornire al datore di lavoro i risultati anonimi della sorveglianza sanitaria.
In conclusione, come previsto dal D.lgs. 81/2008, la ratio della figura del medico del lavoro è "quella di prevenire qualunque forma morbosa provocata dal lavoro ed è mirata alla formulazione di un giudizio di idoneità alle mansioni specifiche".
L'art. 58 del d.lgs. 81/2008 delinea le fattispecie penali ed amministrative che si pongono a presidio delle attribuzioni proprie del medico competente.
Al di là di tali condotte, il medico può rispondere solo se, in qualità di titolare di posizione di garanzia del bene giuridico tutelato, ovvero la salute sui luoghi di lavoro, con la propria omissione colposa in violazione di regole cautelari, causi l'evento che avrebbe dovuto evitare.
Ne consegue che i giudici di primo e secondo grado avevano errato poiché avevano omesso di considerare che: "nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento contro - fattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata specificamente richiesta al sanitario".
Nel caso di specie, il medico aveva consegnato al paziente tutti i risultati degli esami e gli aveva consigliato di recarsi dal suo medico curante per ulteriori approfondimenti, cosa che il lavoratore poi non lo aveva fatto, mentre non rientrava tra le sue mansioni quella di contattare direttamente il medico curante.
Di talchè nessun rimprovero sotto tale profilo può essergli attribuito.
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Sono un giovane avvocato presso il foro di Siena.
Mi sono laureata presso l'Università degli Studi di Siena nel 2015 in diritto penale amministrativo e responsabilità degli enti giuridici (d.lgs. 231/2001).
Presso lo stesso Ateneo ho conseguito il diploma presso la scuola di specializzazone per le professioni legali nell'estate del 2017.
La mia passione per i viaggi e per la tutela dei diritti, mi ha portato più volte in Africa al seguito di progetti di cooperazione internazione insiema alla mia famiglia.
Amo leggere, studiare e mi interesso di tutto ciò che può essere chiamato cultura a partire da quella classica fino alle tematiche di maggior attualità.