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Farmaco pericoloso, SC: “E’ sufficiente la mera indicazione nel bugiardino degli effetti collaterali”

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Con la sentenza n. 6587 dello scorso 7 marzo, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso che delle società produttrici e distributrici di un farmaco fossero tenute a risarcire i danni subiti da un uomo per la grave patologia contratta a seguito dell'assunzione di quel medicinale, essendo stato accertato che le aziende avevano indicato nel foglietto illustrativo i possibili effetti collaterali del prodotto.

Si è, inoltre, specificato che, non una qualunque informativa circa i possibili effetti collaterali del farmaco può scriminare la responsabilità dell'esercente; l'azienda farmaceutica, per dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, deve adeguatamente segnalare l'effetto indesiderato svolgendo una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche, dello stato di avanzamento della ricerca, al fine di eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti nella maniera più completa ed esaustiva possibile i potenziali consumatori..

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da un uomo avverso delle società produttrici e distributrici di un farmaco: l'attore deduceva che, a seguito dell'assunzione di un farmaco volto alla cura di una ferita lacero-contusa alla mano destra, contraeva una gravissima sindrome, con seria intossicazione e importanti conseguenze, anche permanenti, sulla salute. 

La ctu medica disposta nel corso del giudizio di merito accertava il nesso causale tra l'assunzione del farmaco e la comparsa della sindrome, quale complicanza nota della terapia, i cui effetti collaterali, tuttavia, erano riscontrabili con una percentuale di uno su un milione di casi.

Il Tribunale di Bergamo rigettava la domanda ritenendo che nel caso di specie era sussistente la prova liberatoria ex art. 2050 c.c., trattandosi di effetti indesiderati noti la cui rara possibilità di insorgenza non avrebbe impedito la distribuzione del prodotto ma avrebbe richiesto - come in effetti era stato fatto dalla convenuta - un'adeguata informativa tramite l'indicazione, nel foglio illustrativo allegato al farmaco, del rischio della sindrome tra i possibili effetti collaterali.

La Corte di Appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, condannava le società al risarcimento del danno: presupposto che la distribuzione di quel farmaco costituisse attività in sé pericolosa ex art. 2050 c.c., le società farmaceutiche – quali soggetti incaricati di verificare gli effetti pericolosi del prodotto e predisporre effettivi strumenti di esclusione dell'evento dannoso – avrebbero dovuto adottare tutte le misure idonee ad evitare il danno.

In tale ottica, secondo la Corte di Appello, non poteva ritenersi sufficiente l'avvenuta segnalazione degli effetti collaterali nel bugiardino del farmaco, essendo ignote le cause dello scatenarsi della sindrome; diversamente, la segnalazione avrebbe escluso la responsabilità dell'esercente ove le cause fossero state note e fossero state illustrate, perché in un'ipotesi siffatta, a detta del collegio decidente, il paziente avrebbe potuto valutare il rischio dell'assunzione. 

Le società proponevano ricorso per Cassazione deducendo la violazione di legge e falsa applicazione dell'art. 2050 c.c.: secondo le ricorrenti, accertato che il rischio della comparsa di una grave patologia era assai remoto, l'unica misura adottabile per rendere noto il rischio del rarissimo effetto collaterale era quella di specificare, nel foglietto illustrativo allegato al farmaco, i possibili effetti collaterali, anche se erano ignote le cause che portavano allo sviluppo di quella patologia; sul punto, avendo le ricorrenti puntualmente adempiuto a siffatti oneri informativi, doveva ritenersi che le stesse avessero adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

La Cassazione condivide le tesi difensive delle società farmaceutiche.

Gli Ermellini chiariscono che la tesi della Corte d'appello – secondo cui, nel caso di effetti collaterali con eziologia ignota, la società farmaceutica per andare esente da responsabilità deve rinunciare tout court alla produzione e alla commercializzazione del prodotto o accollarsi il rischio economico del risarcimento del danno – assegna all'art. 2050 c.c. una portata precettiva che non è per niente conforme allo spirito della norma, posto che non è in alcun modo postulabile che l'azienda farmaceutica debba, a fronte di un effetto indesiderato di cui non si conosca la matrice, optare tra l'assunzione dei rischi connessi agli effetti di una responsabilità di tipo sostanzialmente oggettivo, e la rinuncia alla produzione e alla commercializzare del prodotto.

Con specifico riferimento al caso di un farmaco pericoloso, la Cassazione specifica che la prova liberatoria di cui all'art. 2050 c.c. sussiste laddove vi sia stata la rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni e i protocolli previsti dalla legge prima della produzione e della commercializzazione del farmaco; è inoltre necessario valutare l'adeguatezza della segnalazione dell'effetto indesiderato, dovendo l'impresa farmaceutica svolgere una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche, dello stato di avanzamento della ricerca, al fine di eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti nella maniera più completa ed esaustiva possibile i potenziali consumatori.

In virtù di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Brescia, in diversa composizione, affinché valuti il comportamento delle ricorrenti in conformità ai principi di diritto enunciati. 

 

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