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Con la pronuncia n. 9269 dello scorso 8 aprile, la sezione tributaria della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità di un deposito cartaceo di un ricorso per Cassazione, ha chiarito che, in assenza di anomalie informatiche, smentite dal Centro di elaborazione dati della Corte di Cassazione, il mancato deposito telematico è imputabile unicamente al difensore, non potendosi ritenere scusabile l'errore allorquando le mere difficoltà di utilizzo di un sistema informatico possano essere governate e prevenute con l'ordinaria diligenza e perizia.
Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, una società presentava alla C.T.P. di Reggio Calabria un ricorso volto ad ottenere l'annullamento dell'avviso di accertamento per il pagamento dell'I.M.U, per l'anno di imposta 2015.
Il ricorso veniva rigettato in primo grado e la decisione veniva confermata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria.
Ricorrendo in Cassazione, con istanza del 19 marzo 2024, il legale della società, rappresentando problemi tecnici nel deposito telematico del ricorso, anche dovuti, a suo dire, alla personale mancata perizia (essendo la materia 'più da ingegnere informatico, che da avvocato'), formulava istanza per il deposito cartaceo del ricorso, a mezzo dell'acquisizione informatica degli allegati alla mail.
Con provvedimento del 22 maggio 2024, la Prima Presidente della sezione decretava di autorizzare in via d'urgenza il deposito cartaceo del ricorso, precisando, con il medesimo provvedimento, che, rimaneva, altresì, salva ed impregiudicata la verifica di competenza del Collegio della Corte sul se la dedotta sussistenza di problemi tecnici in effetti sussistesse e, a tal fine, richiedeva una relazione tecnica al CED-Centro Elettronico di Documentazione.
Con la pronuncia in commento la Cassazione ha rilevato come il ricorso fosse improcedibile, per non essere il medesimo stato depositato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione nel termine di giorni venti dalla sua notificazione, bensì solo successivamente alla scadenza di detto termine ed in forma cartacea, come autorizzata dalla Prima Presidente, in assenza di fatti ostativi e non governabili, diversi dalla mera difficoltà soggettiva.
Gli Ermellini ricordano che, in base all'art. 196 quater comma 1 disp. att. c.p.c., a tutti i procedimenti civili pendenti davanti alla Corte di Cassazione a decorrere dall'1 gennaio 2023, il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori, ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, salvi i casi eccezionali previsti dall'art. 196 quater comma 4 disp. att. c.p.c..
Si può derogare al deposito telematico solo in presenza di un fatto ostativo, con la precisazione che il fatto ostativo, rilevante ai fini della tempestività e regolarità del deposito, è solo quello che sia oggettivamente estraneo alla volontà della parte e che non sia governabile dalla medesima, in quanto riferibile ad un evento che presenti il carattere dell'assolutezza e non già dell'impossibilità relativa o della mera difficoltà.
Con specifico riferimento al caso di specie, a seguito della richiesta della Prima Presidente, con relazione del 3 luglio 2024, l'assistente informatico del CED presso la Corte di Cassazione, chiariva che il 19 marzo ed i giorni precedenti, i sistemi informatici del dominio giustizia erano completamente funzionanti e non sussistevano problemi tecnici sui sistemi della Corte di cassazione da impedire il deposito telematico.
Conseguentemente, non poteva dirsi realizzata la condizione di fatto, prevista dall'art. 196 quater disp. att. ultimo comma c.p.c., consistente nella situazione di urgenza originata dal mancato funzionamento del 'dominio giustizia', che giustifica l'autorizzazione al deposito cartaceo, essendo questa smentita dalla relazione del CED. Né la sussistenza del presupposto applicativo della disposizione poteva essere desunta dalla decisione del capo dell'Ufficio, di autorizzare in via d'urgenza il deposito cartaceo, posto che la medesima decisione lasciava comunque impregiudicata ogni valutazione del Collegio giudicante sulla regolarità del deposito, ed era inoltre subordinata dalla stessa Prima Presidente all'esito della relazione del CED sul funzionamento dei sistemi informatici nel periodo contestuale ai lamentati problemi tecnici (19 marzo 2024 e giorni precedenti).
Ne derivava che, la mancata iscrizione del ricorso nel termine dell'art. 369 comma 1 c.p.c., una volta esclusa l'anomalia informatica -come attestato dalla relazione del CED richiesta dalla Prima Presidente- non poteva che ritenersi imputabile alla negligenza della ricorrente, avuto riguardo al fatto che la procedura di deposito telematico non era nemmeno stata attivata.
In conclusione, la Cassazione dichiara improcedibile il ricorso, con condanna della ricorrente al versamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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