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Condono anche per le liti pendenti

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Il disegno di legge di bilancio per l'anno 2023 prevede pure una riedizione della definizione agevolata delle liti pendenti che riprende per lo più il disposto dell'art. 6 del D.L. n. 119/2018.

La differenza sostanziale è data dalla circostanza per cui il detto testo è stato epurato dalla locuzione - atti impositivi -, pertanto, allo stato, sono definibili tutte le controversie in cui è parte l'Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio. Dunque senza ombra di dubbio vi rientrano tutte le controversie in cui è impugnato un atto emesso dalla Agenzia delle Entrate e, per analogia, dovrebbe concludersi che vi rientrano le liti pendenti avverso atti emessi dall'Agente della riscossione qualora sia parte anche l'Agenzia delle Entrate.

La linea di confine dunque riguarda le cartelle di pagamento; secondo giurisprudenza costante il contribuente può presentare ricorso nei confronti dell'ente impositore per motivi che attengono alla mancata notificazione ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti. Così come la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio; dunque la legittimazione passiva spetta anche in questo caso all'ente titolare del credito tributario. 

Inoltre, nel caso in cui il concessionario sia unico destinatario dell'impugnazione, sarebbe suo onere chiamare in giudizio l'ente titolare del credito, laddove non voglia rispondere dell'esito della lite, quindi, in tutti i casi in cui si dibatte della mancata notificazione ovvero della invalidità degli atti presupposti ovvero ancora della tardività della notificazione della cartella, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, il quale comunque, in presenza di contestazioni che coinvolgono il merito della pretesa impositiva, ha l'onere di chiamare in giudizio l'ente impositore.

In buona sostanza, sulla base del dato testuale della norma, il concetto di - atto impositivo - non costituisce più un presupposto di applicabilità, essendo rilevante unicamente la definizione di – parte -.

In estrema sintesi, se, alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023:

-il contribuente ha vinto in primo grado, si paga il 40% delle imposte;

-il contribuente ha vinto in secondo grado, si paga il 15% delle imposte;

-il contribuente ha vinto in tutti i gradi e il processo pende in Cassazione, si paga il 5% delle imposte.

-il ricorso penda in primo grado o in sede di rinvio, si paga il 90% delle imposte.

Questa definizione è alternativa alla definizione delle liti in Cassazione di cui all'art. 5 della L. 130/2022, riguardante i processi pendenti in Cassazione al 16 settembre 2022 la cui domanda e i cui versamenti vanno eseguiti entro il 16 gennaio 2023.

Cassate sanzioni e interessi.

Meditate contribuenti, meditate.

 

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