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Concorsi pubblici, prova pratica: vale il principio dell’anonimato?

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Con la sentenza n. 504 dello scorso 14 febbraio, la sezione II del Tar Marche, chiamata a pronunciarsi in materia di concorsi pubblici, ha accolto il ricorso di alcuni concorsisti non vincitori che si dolevano per la violazione del principio di anonimato nei pubblici concorsi per quanto atteneva allo svolgimento della prova pratica, la quale era stata eseguita in modalità scritta e con l'apposizione del nominativo dei candidati sui corrispondenti elaborati.

Il Collegio ha, difatti, ricordato che " se la prova pratica consiste nello svolgimento di un mero testo scritto che non richiede l'esecuzione di un'attività di per sé identificabile a priori, la regola dell'anonimato, posta a garanzia del generale principio di imparzialità, sebbene prescritta dall'art. 14 del d.P.R. n. 487/1994 per le sole prove scritte dei concorsi, va estesa alle prove pratiche".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, dei concorsisti partecipavano al concorso per titoli ed esami per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno; tutti svolgevano le prove concorsuali senza esito positivo, non risultando inclusi nella graduatoria dei vincitori. 

Ricorrendo al Tar a tutela del loro unitario interesse alla ripetizione delle prove, i concorsisti deducevano violazione dell'art. 14 del DPR n. 487/1994 e violazione del principio di anonimato nei pubblici concorsi per quanto atteneva allo svolgimento della prova pratica, dal momento che gli elaborati relativi alla prova pratica erano stati consegnati con l'apposizione del nominativo del candidato sui fogli utilizzati per redigerla.

Il Tar condivide la posizione dei ricorrenti.

Il Collegio evidenzia che, se la prova pratica consiste nello svolgimento di un mero testo scritto che non richiede l'esecuzione di un'attività di per sé identificabile a priori, la regola dell'anonimato, posta a garanzia del generale principio di imparzialità, sebbene prescritta dall'art. 14 del d.P.R. n. 487/1994 per le sole prove scritte dei concorsi, va estesa alle prove pratiche.

Occorre, dunque, distinguere l'ipotesi in cui la prova pratica consiste nella redazione di un mero elaborato scritto, rispetto alla quale non vi è ragione per non dare piena applicazione al principio dell'anonimato, dal caso in cui la prova, per le sue concrete caratteristiche e modalità di svolgimento, è de facto insuscettibile di anonimizzazione, ossia nelle ipotesi in cui essa richieda il contatto diretto tra il candidato e la commissione, in modo che quest'ultima possa accertare la tecnica di intervento attraverso visione diretta. 

Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento rileva come la prova pratica doveva espletarsi nell'ambito di un tempo massimo di otto ore e consisteva nella redazione di una relazione avente ad oggetto, anche attraverso strumenti multimediali, la simulazione di una dimostrazione tecnica a studenti di una classe di un tecnico o di un professionale, sicché non era ipotizzabile che l'espletamento della stessa nell'arco delle otto ore concesse potesse avvenire alla presenza della Commissione.

Pertanto – secondo il Collegio - vi è effettivamente stata aperta violazione della regola dell'anonimato, essendo la prova pratica consistita in un mero elaborato scritto e avendo i concorrenti apposto il proprio nominativo direttamente sui fogli contenenti l'elaborato medesimo, con la correlativa possibilità di consentire possibile l'immediata identificazione dell'autore dello scritto in fase di valutazione della prova da parte della Commissione.

Alla luce di tanto, il Tar accoglie il ricorso ai fini della rinnovazione della prova pratica e delle successive fasi concorsuali e, conseguentemente, al rifacimento della graduatoria, fatte dunque salve le fasi precedenti allo svolgimento della prova pratica. 

 

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