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Sosta vietata: quando è reato?

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Inquadramento normativo: Art. 158 D.lgs n. 285/1992, Art. 51 c.p., Art. 54 c.p., 610 c.p.

Sosta vietata: La sosta è vietata:

  • in corrispondenza o in prossimità di passaggi a livello e sui binari di linee ferroviarie o tramviarie;
  • nelle gallerie, nei sottovia, sotto i sovrapassaggi, sotto i portici;
  • sui dossi e nelle curve, fuori dai centri abitati e sulle strade urbane di scorrimento;
  • in prossimità dei semafori o di segnali orizzontali di preselezione e lungo le corsie di canalizzazione;
  • nei centri abitati e fuori dei centri abitati, in prossimità degli incroci;
  • sulle strisce pedonali e sulle piste ciclabili;
  • sui marciapiedi.

La sosta è, più in generale, vietata quando crea intralcio al traffico o blocca l'accesso ad un fabbricato.

Quando la sosta diventa reato: Nel caso in cui si parcheggi l'auto in zone non consentite, oltre a incorrere in sanzioni amministrative, si rischia di commettere un illecito penale. Infatti, è stato [...] affermato che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendone l'accesso agli altri […]. Perché si configuri il reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione (Cass. pen. n. 8425/2014; Cass. pen. n. 48346/2015), e quindi si identifica anche nel parcheggio illegittimo.

 Violenza privata: Con riferimento al reato di violenza privata, è sufficiente che il soggetto passivo sia costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà, mentre è irrilevante che la condotta criminosa si protragga nel tempo, trattandosi di reato istantaneo, ossia di reato che non necessita che l'azione abbia un effetto continuativo (Cass. pen. n. 4996/1988, Cass. pen, n. 3403/2003,Tribunale Ascoli Piceno, sentenza del 16 marzo 2018). In buona sostanza:

  • la condotta deve essere caratterizzata dalla manifestazione di una qualsiasi energia fisica esercitata su una cosa;
  • tale energia deve essere immediatamente produttiva di situazioni idonee ad incidere sulla libertà psichica della vittima.

(Cass. n. 21559/2010, Tribunale Campobasso, sentenza del 31 gennaio 2017).

Casistica: Ad esempio, è stato ritenuto che la condotta di chi ostruisca volontariamente la sede stradale per impedire ad altri di manovrare nella stessa realizza l'elemento materiale del reato in questione. E ciò perché, sotto il profilo soggettivo, ai fini della configurazione del reato di violenza privata è sufficiente la coscienza e volontà di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare: il dolo è, pertanto, generico. Ne consegue che il fatto stesso di impedire ad altri automobilisti di transitare sulla strada pubblica, o di riprendere la marcia, integra l'elemento soggettivo del reato in questione (Cass. pen. n. 5358/2018). Integra tale tipo di reato, anche il comportamento di colui che, posizionandosi affianco alla macchina condotta da altri e aprendo lo sportello del lato guida ne impedisce intenzionalmente la libertà di movimento dell'altro conducente. In questi casi, infatti, la condotta illecita si concretizza nell'impedire con la propria persona che l'altro automobilista riprenda la marcia (Tribunale Ascoli Piceno, sentenza del 16 marzo 2018).  

 Si esclude, invece, che rientri nella fattispecie delittuosa in questione un comportamento meramente omissivo a fronte di una richiesta altrui di liberare il passaggio che si risolve in una forma passiva di mancata cooperazione al conseguimento del risultato voluto dal richiedente, piuttosto che in una condotta diretta a limitare la libertà di movimento altrui (Cass. n. 2012/2009, Tribunale Campobasso, sentenza del 31 gennaio 2017). In tali casi, la predetta condotta mancherebbe dell'intenzionalità richiesta per questo tipo di fattispecie delittuosa e, quindi, sarebbe priva di rilievo penale (Tribunale Campobasso, sentenza dell'11 luglio 2016).

Esimenti: Non sempre il parcheggio che impedisce il passaggio agli altri è perseguibile penalmente. Infatti, vi sono casi in cui tale condotta trova una causa di giustificazione. Si pensi:

  • all'art. 51 c.p. che esclude la punibilità nei casi in cui una condotta illecita sia stata posta in essere nell'esercizio di un proprio diritto o al fine di adempiere un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità;
  • all'art. 54 c.p., secondo cui non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Ne consegue che la condotta di chi, al solo fine di chiedere soccorso, parcheggia la propria auto in panne in modo da impedire ad altri il passaggio, non è punibile dal momento che i) manca l'intenzionalità di limitare coattivamente la libertà di movimento altrui; ii) è posta in essere per esercitare un diritto (quello appunto di chiedere soccorso). Analogamente non è punibile colui che parcheggia l'auto, bloccando l'accesso ad altri, qualora il suo comportamento è dettato dalla necessità di aiutare una persona in pericolo (si pensi ad un medico che effettua una visita a domicilio ad una persona che sta male; si pensi, ancora, a colui che si reca in farmacia per acquistare un farmaco necessario per salvare la vita altrui). 

 

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