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Sgravi contributivi: l’intento elusivo va accertato valutando globalmente tutti i dati emersi nel corso del giudizio.

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In tema di accertamento della sussistenza del diritto agli sgravi contributivi di cu all'art. 8, commi 1 e 4, della legge n. 223 del 1991, l'indagine del giudice diretto alla verifica della effettiva sussistenza di presupposti previsti dalla legge, deve essere condotta valutando globalmente gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria, al fine di verificare se i dati acquisiti, privi di significativa pregnanza, ove singolarmente considerati, siano, invece, in grado di acquisire valenza, in termini di intento elusivo della norma, ove valutati nella loro sintesi. Qualora l'indagine non venga effettuata secondo i prescritti criteri, è ravvisabile un vizio di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta disciplinata dalla legge.

Cassazione, sez. lav., ordinanza del 15 giugno 2023, n. 17214.



L'art. 8, commi 4 e 4 bis, della Legge n. 223 del 1991 (non più in vigore a partire dal 1° gennaio 2017) prevedeva, in caso di assunzione di personale iscritto nelle liste di mobilità, un contributo mensile, per l'azienda, pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta a ciascun lavoratore.

Detto contributo poteva essere erogato per un numero di mesi non superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero non superiore a ventiquattro mesi, ovvero a trentasei mesi per le aree di cui all'art. 7, comma 6.

L'istituto della mobilità, previsto Legge n. 223/1991 al fine di favorire il passaggio dei lavoratori licenziati ad altre imprese, è stato soppresso a partire dal 1° gennaio 2017; la riforma Fornero ha, infatti, abrogato la legge 223/1991 e, dal 31 dicembre del 2016, i lavoratori non possono più essere collocati in mobilità.

Le riforme che si sono succedute nel corso degli ultimi anni hanno notevolmente modificato il modello delineato dalla legge 223 del 1991, sostituendo l'indennità di mobilità con Aspi e mini Aspi inserite dalla Fornero, poi con la Naspi ideata col Jobs Act, infine cancellando le cosiddette liste di mobilità a partire dal 1° gennaio 2017.

Ciò, tuttavia, non ha comportato l'eliminazione di tutta quella rete di tutele per il lavoratore e di incentivi per le imprese che assumono i disoccupati, la cui disciplina oggi è contenuta in via generale nel comma 10 bis dell'art. 2 L. 92/2012.

In base alla nuova normativa, i datori di lavoro che assumono uomini e donne beneficiano di uno sgravio contributivo pari al 20 per cento dell'indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore, riconosciuto per ciascuna mensilità della retribuzione concessa al lavoratore, la percentuale di sgravio sale al 50% quando ad essere assunti siano disoccupati di età superiore ai 50 anni. 

 Invariati sono rimasti, invece, i casi di esclusione dagli sgravi: anche in base alla nuova normativa, infatti, il diritto ai benefici economici è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume, ovvero risulta con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo.

Nell'ordinanza n. 17214 del 15 giugno scorso, la Cassazione ha chiarito che i casi di esclusione dal beneficio sono stati introdotti al fine di assicurare che l'intento della norma non sia eluso e che si realizzi quell'incremento occupazionale netto dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro, che, solo, può giustificare, in coerenza con le fonti del diritto europeo, la deroga al divieto di aiuti di stato disposto dall'art. 107 TFUE.

Inoltre, quanto all'accertamento dell'intento elusivo, la Corte ha precisato che il giudice del merito deve valutare gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria in modo "globale" e non "atomistico", ciò al fine di verificare se i dati acquisiti, privi di significativa pregnanza singolarmente presi, possano invece acquisire una specifica rilevanza, ove valutati nella loro sintesi.

Il caso.

L'INPS emetteva un avviso di addebito per il recupero dei benefici contributivi concessi ai sensi dell'art. 8 della legge 223/1991, ritenendo che tra l'azienda che aveva licenziato di dipendenti e quella che (dopo soli due giorni) li aveva assunti sussistesse un collegamento e che, dunque, l'intera operazione fosse illecitamente finalizzata ad eludere la volontà del legislatore.

L'avviso veniva impugnato dal datore di lavoro che, tuttavia, in primo grado risultava soccombente, mentre la corte d'Appello, in accoglimento del gravame, dichiarava non dovuti i contributi pretesi dall'Inps.

L'istituto previdenziale ricorreva in Cassazione denunciando la falsa applicazione dell'art. 8 della L. 223 del 1991, per avere la Corte distrettuale riconosciuto il diritto agli sgravi nonostante dall'istruttoria fossero emersi elementi da cui si deduceva incontrovertibilmente la ricorrenza di una fattispecie elusiva.

La decisione della Cassazione.

La suprema Corte ha innanzitutto rammentato come il beneficio de quo non spetti all'impresa qualora l'operazione sia puramente fittizia, ossia preordinata al solo fine di fruire indebitamente delle agevolazioni contributive, per cui nel caso in cui la società che assume i lavoratori in mobilità non configuri una realtà produttiva autentica bensì ricalchi sostanzialmente la stessa azienda che ha provveduto ai licenziamenti, la situazione ricade nella previsione dell'art. 8, comma 1 (in base alla quale «i lavoratori licenziati da un'azienda per riduzione di personale hanno la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro sei mesi»), e, di conseguenza, è esclusa dai benefici contributivi.

Finalità delle agevolazioni, ha continuato la Cassazione, è, infatti, quella di favorire l'occupazione dei lavoratori effettivamente espulsi dal mercato del lavoro, in coerenza con le fonti Europee in base alle quali gli Stati membri sono stati autorizzati a prevedere, nei rispettivi ordinamenti interni, incentivi per favorire l'occupazione di determinati soggetti svantaggiati, in deroga al divieto di Aiuti di Stato disposto dall'art. 107 TFUE, purché si realizzi un «incremento occupazionale netto» di tali categorie di lavoratori. Logico corollario di tale impostazione è l'affermazione secondo cui, in presenza di fattispecie giuridiche esonerative dell'obbligo contributivo, ad essere indagato non può che essere sempre anche il dato sostanziale, collegato alla singola vicenda, onde verificare se la stessa abbia avuto la finalità di eludere la ratio della disciplina incentivante, attraverso assunzioni e licenziamenti il cui effetto finale resti privo di incidenza positiva, e dunque, di novità, sul piano occupazionale.

Secondo i giudici di legittimità, nel caso di specie è, dunque, ravvisabile un vizio di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, poiché la Corte di merito ha esaminato atomisticamente gli elementi raccolti in istruttoria, mentre avrebbe dovuto procedere ad una valutazione degli stessi nella loro convergenza globale, per verificare se i dati acquisiti, privi di significativa pregnanza singolarmente presi, fossero in grado di acquisirla, in termini di intento elusivo della normativa, ove valutati nella loro sintesi. 

 

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