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Rumori serali provenienti da attività commerciali e tutela dei condòmini

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Riferimenti normativi: Art.844 c.c. - Legge n. 447/1995

Focus: Il rumore proveniente da attività commerciali vicine, causato da schiamazzi, musica e rumori che si prolungano anche a tarda ora, possono turbare la tranquillità dei condòmini compromettendone il riposo notturno e, di conseguenza, la vita lavorativa. È importante stabilire quando il rumore ambientale prodotto possa compromettere la salute dei cittadini, tale da chiamare in causa il Comune quale ente preposto al controllo ed alla sanzione di condotte non conformi ai regolamenti locali contro l'inquinamento acustico. Sul tema si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n.14209/2023 del 23 maggio 2023.

Principi generali: La Legge n° 447/1995 "Legge quadro sull'inquinamento acustico" affida (oltre che a Stato, Regioni, Provincie) ai Comuni una serie di competenze per la tutela della popolazione dal rumore ambientale. Per mezzo del regolamento comunale l'Amministrazione definisce un sistema di regole e procedure che, tenendo conto delle caratteristiche e dello sviluppo territoriale, contempera le richieste di tutela della salute da parte dei cittadini con le esigenze lavorative di attività produttive e commerciali potenzialmente idonee a generare rumore ambientale (industrie, locali di intrattenimento, attività artigianali, cantieri, eventi di intrattenimento collettivo). Il Regolamento consente, inoltre, il coordinamento tra diversi uffici poiché definisce le aree di rispettiva competenza, in accordo a quanto definito dallo Statuto comunale, per le procedure di rilascio dei titoli autorizzativi, le modalità di gestione dei controlli e il sistema sanzionatorio.

Nel caso di specie i coniugi proprietari di un appartamento in condominio hanno citato in giudizio il Comune adducendone la responsabilità per le immissioni di rumore nella propria abitazione provenienti dagli avventori degli esercizi commerciali ubicati nel quartiere. Questi ultimi, infatti, nelle sere di fine settimana del periodo estivo, si trattenevano in strada oltre l'orario di chiusura recando disturbo alla quiete pubblica. Pertanto, i ricorrenti chiedevano che fosse accertata l'intollerabilità delle immissioni provenienti dalla strada comunale e che il Comune venisse condannato, ai sensi dell'art.844 c.c., alla cessazione immediata delle immissioni o a porre in essere le necessarie misure per ricondurre le immissioni alla normale tollerabilità, nonché al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti. La richiesta è stata accolta dal Tribunale che ha condannato il Comune a far cessare le immissioni di rumore nella proprietà degli attori predisponendo un servizio di vigilanza organizzato tutte le sere, da maggio ad ottobre, con l'impiego di agenti comunali al fine di far disperdere ed allontanare, entro la mezz'ora successiva alla scadenza dell'orario di chiusura degli esercizi commerciali autorizzati, le persone dalla strada comunale. Inoltre, ha condannato il Comune al risarcimento a ciascun attore del danno non patrimoniale e patrimoniale. 

Il Comune ha impugnato la sentenza con appello che è stato accolto dai giudici di seconde cure. La Corte di Appello, infatti, ha ritenuto infondate le domande degli attori in quanto non sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario, stante che questi non può sostituirsi all'autorità locale disponendo l'effettuazione di un pubblico servizio e dettandone le modalità esecutive, in violazione del principio costituzionale della separazione di poteri. La sentenza di appello è stata impugnata dai condòmini con ricorso in Cassazione deducendo che la corte territoriale ha erroneamente escluso la giurisdizione del giudice ordinario in contrasto con la giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi del ricorso in quanto le immissioni acustiche intollerabili provenivano da una strada di cui la Pubblica amministrazione è proprietaria. La Suprema Corte ha affermato che la tutela del privato che lamenti la lesione del diritto alla salute, del diritto alla vita familiare e della proprietà, cagionata dalle immissioni intollerabili, ex art. 844 cc, provenienti da area pubblica, trova fondamento anche nei confronti della P.A. La Pubblica Amministrazione, infatti, è tenuta ad osservare il principio del neminem laedere nella gestione dei propri beni e può essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato, in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione dei propri diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, condanna questa che non può essere considerata adozione di atti autoritativi da parte del giudice ordinario, esorbitante i limiti interni della propria giurisdizione. Pertanto, il ricorso è stato accolto e la causa rinviata alla Corte d'appello in diversa composizione.

 

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